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Il DNA per custodire documenti

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Presto non avremo più bisogno di hard disk: tutte le informazioni che vorremo conservare potranno essere custodite nel DNA anche per milioni di anni.

Il DNA, meglio di Internet per custodire i documenti

Oggi, per memorizzare le informazioni che sempre ci servono nella vita, ci affidiamo ai dischi rigidi o ad Internet, ma questi metodi sono in larga parte inadeguati alla memorizzazione a lungo termine dei dati: i dischi rigidi ad esempio, sono suscettibili di danni provocati dal calore o dall’umidità, dai campi magnetici e dall’usura e inoltre hanno, anche nelle migliori condizioni, una durata di pochi decenni.

Una cellula vivente è in grado di trasportare un milione di gigabyte

Un team di ricercatori dell’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia di Zurigo, ha sviluppato una tecnica per la memorizzazione di grandi quantità di dati, un vero e proprio codice genetico che potrebbe mettere al sicuro per milioni di anni i nostri documenti. Lo riferisce Gizmag , un sito che si occupa esclusivamente di tecnologie emergenti.

Il DNA è  in grado di immagazzinare una quantità immensa di dati e, anche se suona inverosimile, si può affermare che una cellula vivente è in grado di trasportare un milione di gigabyte! Il materiale genetico può essere quindi conservato per lungo tempo se racchiuso in modo corretto: il DNA rinvenuto nei fossili ne è l’esempio lampante.

Ispirandosi proprio al processo di fossilizzazione, i ricercatori svizzeri hanno sviluppato una tecnica capace di scrivere informazioni digitali su un DNA per poi incapsularle in uno strato protettivo di vetro. Per l’esecuzione della prova, sono stati codificati ed archiviati in segmenti di DNA, il Patto federale della Svizzera del 1291, il documento ufficiale che dichiara la Svizzera regione unificata e i primi Teoremi Meccanici di Archimede. Tutti questi documenti occupano circa 83 kilobyte di informazioni e il DNA è stato così incapsulato all’interno di 150 sfere di silice per proteggerlo.

Il DNA rivestito di silice è stato successivamente sottoposto ad una serie di processi chimici che ne hanno simulato l’eventuale “degrado senile”, ed è stato poi testato per vedere se i dati al suo interno fossero o meno rimasti intatti.

Il Dr. Robert Grass , del team svizzero, ha  riferito proprio a Gizmag che: “dopo aver memorizzato i dati sul DNA nella capsula, è stata anche simulata chimicamente l’esposizione della stessa ad un’usura di 10 mila anni e ad una temperatura di 4°C [40 ° F]. Il risultato e’ stato che per circa l’80 per cento delle sequenze si è verificato almeno un errore e soltanto circa l’ 8 percento delle sequenze, sono andate completamente perse”… ” Ad ogni modo siamo comunque in grado di decodificare i dati senza errori finali.”

Sulla base di questo esperimento, i ricercatori sono stati in grado persino di determinare per quanto tempo i dati sarebbero rimasti conservati se anche fossero stati conservato a temperature ancora più basse. E’ stato calcolato che i dati,  ad una temperatura di 0 gradi ° F, avrebbero potuto sopravvivere per più di un milione di anni, che è un risultato di gran lunga superiore a qualsiasi altro metodo di memorizzazione di dati attualmente in uso.

L’unico vero ostacolo a questo metodo è il costo; la manipolazione del DNA è un processo molto costoso. Ma, come tutti i progressi della ricerca, tale costo dovrebbe gradualmente scendere.

“Stiamo attualmente esaminando proprio come diminuire il costo dello scrivere le prime applicazioni commerciali di stoccaggio di informazioni di grande valore”, ha detto Grass.

 

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