Il mattino del 18 gennaio 1964, la segretaria della Tricotex, una società che si occupa di compravendita di lana con stabilimenti a Latina scopre il cadavere del proprio principale, Faruk Churbagi, assassinato in modo particolarmente efferato.
Un assassino che conosceva bene il luogo
Qualcuno, dopo avergli gettato del vetriolo in faccia gli ha sparato alla schiena e poi l’ha colpito a lungo sulla testa con un corpo contundente. Chi ha ucciso Churbagi conosce bene sia lui che l’ufficio, visto che la porta d’ingresso non è stata forzata. Ben presto i sospetti si fissano sui coniugi Bebawi, Yusef, un uomo di affari di successo, e la bellissima Gabrielle, detta Claire, che dopo averlo sposato a soli tredici anni, dandogli tre figli, era divenuta l’amante di Churbagi. I coniugi Bebawi vengono localizzati ad Atene ed estradati a Roma dall’Interpol. Fin dal primo interrogatorio Yusef accusa la moglie di essere l’autrice del delitto e di averla aiutata a nascondere le prove per amore e per tutelare dallo scandalo i tre figli. Clair, a sua volta, sostiene di aver visto il marito uccidere Faruk per gelosia.
Senza prove non si può condannare
Entrambe le versioni sono attendibili e, nell’impossibilità di arrivare alla verità il primo processo si conclude con l’assoluzione di entrambi per insufficienza di prove. Il loro caso divide l’opinione pubblica ed entra uno dei casi di cronaca più famosi della storia italiana degli anni Sessanta. Nel 1968 nel processo d’appello che si svolge a Firenze l’accusa sostiene la colpevolezza di entrambi, complici nell’omicidio premeditato e nella fuga. La vicenda si conclude con una condanna di ventidue anni di carcere per ciascuno dei due. Né Ysef né Claire, trasferitisi all’estero da tempo, sconteranno però mai nemmeno un giorno di pena.