Chiunque di noi abbia frequentato una scuola calcio o una piscina di nuoto con un istruttore, sa perfettamente come il primo impatto con queste realtà possa essere decisivo nella psicologia di un bambino che si avvicina allo sport. E spesso ne possa pregiudicare le potenzialità se si approccia in modo errato. Come evitare questo rischio e permettere un sano processo di crescita? Il preparatore atletico Hazem Kemal ha risposto a questi interrogativi nel suo So giocare a calcio (Rupe Mutevole, 2016).
Kamal, il calcio come strumento per la crescita del bambino
Hazem, benvenuto sulle pagine di dailygreen. Osteopata, preparatore atletico, insegnante di Taekwondo e tecnico di calcio. Dimentico qualcosa?
No, hai già detto tutto. Anche se, per quello che ho in mente a livello di programmazione nella preparazione sportiva, credo che dovrei studiare ancora di più.
Entriamo subito nel vivo del tuo So giocare a calcio (Rupe Mutevole, 2016). Quale molla ti ha spinto a scriverlo?
Nel 2013 esce il libro Questione di carattere che porta la logica del mio lavoro nella preparazione, l’importanza delle emozioni nella crescita e lo sviluppo del carattere. So giocare a calcio è il secondo volume nel mio programma “PFM” e il primo della trilogia del calcio; ho iniziato con il soccer per la sua popolarità così è più facile capire e far comprendere gli obiettivi del programma.
Scorrendo le pagine del libro, mi verrebbe da dire che il tuo approccio al calcio è decisamente pedagogico, rivolto ai più piccoli per insegnargli non solo uno un’attività sportiva ma una vera e propria disciplina di vita…
Crescere o conservare. La mia fortuna è aver praticato due sport a livello agonistico, uno diverso dall’altro: il calcio, uno sport di squadra e il Taekwondo, come sport individuale. L’obiettivo degli insegnanti è far crescere in equilibrio il bambino atleta e qui spezzo una lancia a favore del Taekwondo come arte marziale e disciplina dove l’insegnante non conserva ma fa evolvere il bambino; non esiste il pensiero che i bambini sappiano far arte marziale, per questo imparano tutto a 360°, dalla cintura bianca alla cintura nera e questo grazie a una preparazione, prima di tutto indiretta “il percorso da allievo a maestro”, e una crescita diretta di formazione tecnica.
I bambini sono molto più intelligenti di quanto noi pensiamo, molto più sensibili di quanto noi li consideriamo, ma soprattutto fragili perché un semplice graffio nel carattere può aumentare ancora di più e diventare una crepe; ma questo semplice graffio si può anche rimarginare e diventare più solido ed equilibrato. Il mio è un manuale molto semplice, parlo poco ma trasmetto di più, stimolo e faccio capire e lascio lavorare; in poche parole sarà il bambino a trasmettere sicurezza all’adulto. Ringrazio il direttore sportivo della Sancat Firenze, Duccio Righetti che è stato il primo a comprendere il significato del mio programma condividendo con lui una programmazione annuale.
Ti occupi di tutti gli aspetti del calcio moderno nel libro: preparazione tattica, tecnica e fisica. E in più scrivi anche di grandi campioni come Maradona, Pelè, Messi, Batistuta e, tra i calciatori italiani, Montella e Riva. Come mai questi riferimenti a importanti giocatori del passato e del presente?
Sempre la stessa logica ossia trasmettere più di parlare. Questi giocatori non hanno avuto una partenza o un inizio facile nello sport del calcio ma hanno ribaltato ogni logica. Portando personaggi famosi, cerco di illustrare come un bambino possa attivare due processi, associazione e memorizzazione che diventano poi una forma continua di feedback nel percorso dell’attività sportiva, una continua motivazione e stimolo. La sua indipendenza mentale che alimenta la sua determinazione per raggiungere l’obbiettivo.
Quale messaggio culturale speri di veicolare per mezzo di So giocare a calcio?
Tutto parte dal carattere, dalla mente, dal parlare al chiedere e informarsi, saper far capire e saper ascoltare per crescere con gioia. Ma soprattutto trasformare il poco “capacità, tecnica, abilità” in tanto, saper dare valore e apprezzare quello che si riesce a fare per raggiungere l’obiettivo.