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I Sud Sound System: nelle nostre vene scorre il sangue dell’oriente e dell’occidente

Il 6 giugno 2003 arriva nei negozi italiani Lontano, un nuovo album dei Sud Sound System, uno dei gruppi storici della dancehall italiana

Parole come proiettili

Divenuti popolari con brani che raccontano come «È l’ignoranza che crea la violenza… è l’ignoranza che crea l’intolleranza» o anche «te dicenu: “o con nui o contru de nui”/per primu c’è lu statu ca te ole omologatu cu tutte le leggi soi» (ti dicono “o con noi o contro di noi”/per primo devi essere omologato allo stato e alle sue leggi) i Sud Sound System sono salentini e impegnati da sempre a rompere quel “recinto di indifferenza” che circonda gli strati marginali della società i Sud Sound System non hanno armi che le regole auree dell’hip hop: sparare le parole come fossero proiettili. Dopo aver portato con successo nei teatri d’Italia “Acido Fenico – Ballata per Mimmo Carunchio camorrista” sono tornati in sala di registrazione questo nuovo album

Un’altra crociata

Lontano ha il peso delle opere destinate a lasciare un segno. Tredici brani curati in proprio con una lunga serie di collaborazioni e musicalmente sospesi in un luogo ideale tra la Giamaica e il Salento. Fin dal primo ascolto suona diverso dal passato, meno “colloso” e più solido. Una svolta? «Non direi – risponde Nando Popu – piuttosto c’è la lettura di una realtà cruda, difficile e drammatica. L’abbiamo realizzato mentre il mondo stava entrando in una nuova fase della guerra infinita. Ci sono i nostri umori di quel periodo, c’è l’Iraq, la Palestina, ci sono i popoli aggrediti del mondo…». In un brano parlate di “N’aura Crociata” (Un’altra crociata)… «Si. Noi siamo del Salento, nelle nostre vene scorre il sangue dell’oriente e dell’occidente. Noi siamo il frutto fisico di quell’equilibrio soltanto che ormai la storia, la cultura, le radici, vengono rimosse. Le nuove generazioni sono figlie di una televisione che ha distrutto con violenza la nostra stessa storia. Quando l’informazione sostituisce la cultura c’è qualcosa che non va.». Anche il recupero del dialetto fa parte del vostro progetto? «Beh, il dialetto o meglio la lingua salentina, è stata all’inizio una scelta quasi obbligata, perché lo usavamo cantando nelle feste tra amici. Poi è diventata una scelta vera. Ma il pubblico ci capisce da Monaco a Palermo e anche in Giamaica perché la musica è un linguaggio universale».

 

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