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I Rolling Stones? Ragazzotti senza grinta….

La sera del 28 aprile 1963 il cartellone del Crowdaddy Club di Richmond conferma la presenza di un gruppo abbastanza conosciuto nell’ambiente del blues britannico, pur se non popolarissimo. Si chiamano Rolling Stones, da qualche giorno sono l’attrazione fissa del locale. Si dice che dopo vari cambiamenti abbiano trovato forse la formazione definitiva e su di loro si sta concentrando l’attenzione degli addetti ai lavori. Il Crowdaddy Club poi non è un posto qualsiasi. Il locale è gestito da un personaggio carismatico come Giorgio Gomelsky che in futuro diventerà il manager degli Yardbirds e dei Trinity di Brian Auger. È stato lui a scritturare i Rolling Stones i quali hanno trovato da poco stabilità intorno all’ex cantante dei Blue Boys e dei Blues Incorporated di Alexis Korner. È un ragazzotto che non ha ancora compiuto vent’anni e si chiama Mick Jagger. Con lui ci sono due chitarristi: Brian Jones, anch’egli proveniente dalla band di Korner e Keith Richards, già suo compagno nei Blue Boys. La formazione è completata da un batterista non di primo pelo come Charlie Watts che, dopo qualche esperimento, ha sostituito nel ruolo l’inesperto Tony Chapman e dal bassista Bill Wyman che stando ai pettegolezzi sarebbe stato scelto perché possiede un buon impianto di amplificazione.

Siete bravini, ma niente di più

Essere l’attrazione fissa di un locale come il Crowdaddy Club frequentato da un pubblico variopinto e composito è come trovarsi a un bivio. O di qui o di là. Può aiutare a sfondare se si è all’altezza oppure stroncare una carriera in modo quasi definitivo. Mick Jagger e compagni riescono a non farsi travolgere dalle critiche e pian piano il loro nome diventa sempre più conosciuto stimolando la curiosità di vari produttori o sedicenti tali. La sera del 28 aprile in sala ci sono anche Andrew Loog Oldham e il suo socio Eric Easton, due personaggi dotati di un discreto fiuto e di buone capacità manageriali. Ascoltano con attenzione gli Stones e, al termine della serata chiedono di poter parlare con i ragazzi. Quando Oldham si trova di fronte un timido Mick Jagger, non cerca giri di parole: «Siete bravini, ma niente di più. Non avete grinta. Tu Mick sembri impacciato e goffo. Lasciati andare, maledizione! Sbatti in faccia al pubblico tutto quello che hai, non avere paura di fargli male. La musica pop è sesso, solo sesso, e la devi sbattere in faccia al pubblico».

La metamorfosi è iniziata

Nonostante l’inizio non sia stato tra i migliori possibili, la discussione con il gruppo procede poi su binari più tranquilli. I ragazzi non hanno nessuno che si occupi né dell’immagine né della produzione. «Se siete d’accordo potrei occuparmi io di voi. Mi piacerebbe diventare il vostro manager, a patto che accettiate le mie condizioni». La band accetta e qualche giorno dopo Oldham diventa il manager dei Rolling Stones. La sua cura sarà drastica. Accentuerà i lati più aggressivi di Jagger e soci sia sul palco che fuori. Costringerà poi i media a occuparsi della band inventando sul loro conto notizie “fuori dalle righe” e qualche scandaletto. Il risultato andrà oltre le stesse previsioni dell’intelligente manager. In breve tempo, quel gruppo di ragazzi poco grintosi diventeràuno dei simboli musicali della ribellione e, soprattutto, del gusto dell’eccesso e della provocazione per ben più di una generazione.

 

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