Dall’Italia al Messico, dal Brasile al Giappone fino alla Germania, nelle ultime settimane Greenpeace è entrata in azione in 16 sedi di Siemens per chiedere al gigante tedesco di non partecipare alla costruzione della diga idroelettrica di São Luiz do Tapajós, mega progetto che devasterebbe il cuore dell’Amazzonia.
Greenpeace in azione in tutto il mondo con un messaggio per Siemens: “Salva il cuore dell’Amazzonia!”
Questa opera, la più grande tra le 43 dighe previste sul fiume amazzonico Tapajós, potrebbe sommergere 400 chilometri quadri di foresta pluviale incontaminata, portando inoltre alla deforestazione di un’area di 2.200 chilometri quadri per la costruzione di strade e infrastrutture necessarie alla realizzazione della diga. Un grave pericolo per la biodiversità della regione, che priverebbe gli indigeni Munduruku e le comunità tradizionali delle loro terre e dei loro mezzi di sussistenza.
Più di 20 attivisti di Greenpeace hanno protestato presso la sede della Siemens a Vienna, Austria contro potenziale coinvolgimento della società nella distruttivo São Luiz do Tapajós diga in Amazzonia. Lo striscione è composto da due ingressi per i lavoratori dipendenti che, per passare, dovranno decidere: attraverso la “distruzione” o “protezione”.
L’organizzazione ambientalista, supportata da un milione di persone che hanno aderito all’appello, chiede inoltre a Siemens – una delle poche aziende a livello mondiale in grado di realizzare turbine idroelettriche per mega dighe – di assumere una posizione netta contro la distruzione della foresta, ed esprimersi in favore del rispetto dei diritti delle popolazioni indigene, dichiarando pubblicamente che non parteciperà al progetto di costruzione della mega-diga di São Luiz do Tapajós.
«Lo scorso 7 luglio siamo entrati in azione anche in Italia, a Milano, per spingere Siemens a non replicare quanto fatto con la diga di Belo Monte, nota per il suo devastante impatto ambientale, e includere la protezione delle foreste nelle proprie innovative politiche di sostenibilità ambientale», dichiara Martina Borghi, campagna foreste di Greenpeace Italia. «Investire nello sviluppo di tecnologie capaci sfruttare il potenziale dell’energia solare ed eolica del Brasile sarebbe di gran lunga una mossa meno dannosa e più lungimirante», conclude.