Il 27 aprile 1965 esce il primo volumetto di una collana chiamata “Oscar” diretta da Alberto Mondadori e Vittorio Sereni. Sono libri piccoli, in media venti centimetri di altezza per otto di base e a vengono venduti a un prezzo contenuto. Vengono chiamati “tascabili” perché proprio le loro dimensioni fanno sì che sia possibile infilarseli in tasca e portarli in giro.
Figli dei “libri economici”
Sono figli dei cosiddetti “libri economici”, quelli che nell’immediato dopoguerra nascevano dall’idea di supportare con una diffusione più larga possibile della cultura la ricostruzione del paese dalle rovine della guerra. All’epoca ci avevano provato in tanti. Il primo timido tentativo era stato quello dei “Libri della ricostruzione”, una collana della Mondadori che proponeva grandi autori pescati qua e là nei cataloghi propri e di altri. Poi è toccato ai “Libri del pavone” che riproponevano pubblicazioni del catalogo Medusa. I primi veri tascabili, però, erano arrivati nel 1949 con la nascita della BUR, una collana nata in casa Rizzoli per riproporre a basso costo e a dimensioni contenute i grandi classici. Nello stesso anno l’aveva seguiva a ruota l’Universale Economica Colip, destinata in seguito a diventare l’Universale Economica Feltrinelli. Da queste esperienze nasce l’idea di allargare la distribuzione puntando direttamente alla diffusione di massa del libro, iniziando quindi a trattare anche la letteratura come un bene di consumo sull’esempio di quanto sta avvenendo in altri settori della produzione industriale italiana. Nascono così gli Oscar, una collana che ha l’obiettivo di portare il tascabile ovunque utilizzando anche il canale fino allora destinato soltanto alle pubblicazioni periodiche: l’edicola. Gli Oscar, infatti, vengono registrati come un periodico settimanale e la tiratura prevista dal piano editoriale è quasi una pazzia per l’epoca: 40.000 copie.
Il primo titolo
Il 27 aprile 1965 esce il primo titolo. È “Addio alle armi” di Ernest Hemingway. Costa trecentocinquanta lire, il prezzo di un biglietto del cinema. L’impatto del romanzo con il vasto pubblico è tale che in un paio di giorni le quarantamila copie della prima tiratura si esauriscono(alla fine supererà le 60.000 copie vendute). La settimana successiva tocca a “La ragazza di Bube” di Carlo Cassola, mentre il terzo Oscar presenta “La nausea” di Jean Paul Sartre e il quarto “Un amore” di Dino Buzzati. «Circa esito pubblicazione in collana Oscar suo ultimo romanzo altissimo grado diffusione ammontante a 200 mila copie». Così il nel maggio del 1965 Arnoldo Mondadori annuncerà con malcelata soddisfazione e orgoglio in un telegramma a Dino Buzzati lo straordinario successo del suo romanzo “Un amore”, il quarto titolo dei neonati Oscar. La cifra, incredibile per l’epoca, non è che un primo resoconto parziale delle vendite che toccheranno le 400 mila copie. Sono tirature davvero impressionanti e mai toccate prima d’allora. Il libro, fino a quel momento considerato o un contenitore di nozioni scolastiche o un lusso destinato ad alimentare la cultura dei ceti più abbienti, diventa una delle abitudini quotidiane di migliaia di italiani. Lo slogan pubblicitario degli Oscar, che si dice sia stato inventato dallo stesso Sereni, li chiama “Libri a transistor”, paragonandoli alle radioline portatili di ridotte dimensioni. L’Italia si innamora così della letteratura e anche il libro diventa un fenomeno di massa con tirature e vendite senza precedenti.