Il 24 aprile 1923 nasce a Trieste il pianista, tastierista e compositore Gianni Safred, uno dei personaggi che hanno accompagnato l’integrazione tra il jazz e le nuove sonorità elettroniche.
Incontri casuali
La sua è una famiglia di musicisti, per cui è quasi inevitabile che il piccolo Gianni si dedichi molto presto allo studio del pianoforte. A dodici anni scopre l’improvvisazione jazzistica e ne resta folgorato. Frequenta poi il conservatorio e negli anni Quaranta inizia l’attività professionale suonando con varie orchestre triestine. Nel dopoguerra la necessità di sbarcare il lunario lo porta suonare soprattutto nei night club con poco spazio per il jazz. In quel periodo il suo impegno jazzistico si limita a jam sessions con musicisti incontrati per caso, alcuni dei quali sono militari americani. Fra questi ultimi c’è anche Herbie Mann.
Con Django e Stéphane
Nel 1949 suona a Roma alla Rupe Tarpea con Django Reinhardt e Stéphane Grappelli, e prende parte a una lunga serie di registrazioni organizzate da Christian Livorness e successivamente pubblicate su disco. Insieme a Safred facevano parte della sezione ritmica il contrabbassista Carlo Pecori e il batterista Aurelio de Carolis. Fra le incisioni con Django Reinhardt e Grappelli si ricordano Liza, Sweet Georgia Brown, Hallelujah, What Is This Thing Called Love, The World Is Waiting For The Sunrise e Rosetta in cui si dimostra pianista eccellente dotato di un grande temperamento. Negli anni Cinquanta comincia a produrre apprezzati cicli di trasmissioni radiofoniche e negli anni Sessanta dà vita a un proprio quintetto comprendente Tony Zucchi, Lennart Jansson, Gianni Foccià e Peter Littman. Incuriosito dalle possibilità offerte dall’applicazione dell’elettronica ai suoni compone una lunga serie di brani sperimentali. Muore a Trieste il 28 febbraio 1981.