Sono aumentati in modo esponenziale i tumori alla tiroide dei bambini. Questo il risultato di quattro studi commissionati dal Governo nipponico a Fukushima per capire le conseguenze del disastro che ha colpito il Giappone. Nel tentativo di conoscere il numero di persone che sono state esposte a dosi di radiazioni ionizzanti, le autorità giapponesi hanno prima messo a punto un questionario dettagliato per cercare di ripristinare l’occupazione delle persone potenzialmente interessate tra il 11 e il 25 marzo 2011.
Aumentano i tumori a Fukushima
Circa due milioni di persone, circa 360.000 hanno risposto, che è un numero relativamente alto. La seconda indagine si estende su 210.000 sfollati (tra cui circa 70.000 erano nelle prime 24 ore).
Tutti sono soggetti a controllo medico. Si tratta di stabilire se ci sia un aumento di tempo anomalo in alcune malattie, soprattutto tumori. “Ma ci vorrà del tempo, come ci vogliono almeno diversi anni affinché i tumori si sviluppino dopo l’esposizione a radioattività”, ha sottolineato Jean-René Jordan, specialista e ricercatore.
Monitoraggio delle donne incinte e dei bambini
Il terzo studio si concentra su circa 20.000 donne in gravidanza, al momento dell’incidente, ed i bimbi saranno seguiti fino all’età di 12 anni. “Possono verificarsi due casi”, dice lo specialista. Durante la prima settimana di gravidanza, il rischio per la madre è di avere un aborto spontaneo. Se questo non è il caso, non vi è alcun effetto sul bambino.
Nel caso di irradiazione durante il terzo trimestre di gravidanza, non vi è alcun rischio di malformazione fisica ma si può avere un ritardo mentale come la difficoltà di apprendimento. L’ultima indagine – spiega ancora l’esperto – copre il “cancro della tiroide” per i bambini. A Chernobyl è stato scoperto tardi, perché non è una malattia che gli scienziati avevano previsto: guardavano la leucemia. Ci volle del tempo per la diagnosi e per stabilire legami con l’esplosione e, in questo caso, i bambini avevano bevuto il latte, contaminato con iodio 131″.
Questo è il motivo per cui si attendono cinque anni di tempo per l’eventuale comparsa della malattia.