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Frank Zappa, il giullare della rivolta anti-borghese

Il 4 dicembre del 1993 dopo aver registrato il suo ultimo album Civilisation, phase 3, muore Frank Zappa. Dal 1990 gli è stato diagnosticato un cancro alla prostata, ma la lotta contro questo terribile nemico non ha frenato la sua incontenibile e frenetica attività, tanto che ha continuato a lavorare fino all’ultimo giorno.

Un ponte tra i generi

Con lui scompare uno dei primi artisti che hanno tentato di gettare un ponte tra pop, rock, jazz, musica sinfonica e operistica, riuscendo a combinare ironia e intelligenza e affascinando, oltre al pubblico del rock, anche gli studiosi della musica e i cultori dei vari fenomeni musicali. Giullare della rivolta anti-borghese è stato la bandiera di una generazione di musicisti che hanno tentato di guardare alle lotte e alle aspirazioni dei giovani degli anni Sessanta in modo non filtrato, evitando di astrarre con la descrizione artistica la poesia delle situazioni reali. Non ama parlare di se stesso e quando lo fa adotta i toni dimessi di chi si considera un privilegiato che è riuscito a trasformare un hobby in lavoro: «La ragione per cui io scrivo musica è che mi piace ascoltarla. Il resto sono balle inventate dai discografici e dagli impresari».

Siamo qui perché ci pagano

Dissacratore al punto da aprire i suoi concerti con il brano We’re only in it for the money (Siamo qui solo perché ci pagano) non mette limiti alla provocazione. Nel periodo della guerra del Vietnam, accortosi che tra il pubblico sono presenti alcuni marines in divisa, fa portare delle bambole in palcoscenico e li costringe a salire sul palco per mostrare agli spettatori come i loro compagni sparino ai bambini vietnamiti. Quando la mobilitazione della società si affievolisce continua da solo la battaglia contro gli stereotipi del sistema. In una delle sue ultime interviste, parlando di Los Angeles, delle difficoltà della città, della droga diffusa e della difficile convivenza tra i bianchi ed i neri, dice che gli Stati Uniti non sanno rinnovarsi e che nulla è cambiato dagli anni Sessanta: «C’erano ragazzi che erano talmente fatti che vedevano Dio a colori o sotto forma di fiocchi di neve. C’era tanta tensione, a volte, che ti pareva di toccarla e tutte le sere la polizia, che aveva imposto con la violenza una specie di coprifuoco, lasciava sui marciapiedi un bel numero di teste insanguinate».

 

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