Home C'era una volta Frank Teschemacher, il clarinetto dello stile Chicago

Frank Teschemacher, il clarinetto dello stile Chicago

Il 1° marzo 1932 muore a Chicago, nell'Illinois, il clarinettista e sassofonista Frank Teschemacher, uno degli elementi più rappresentativi del cosiddetto "stile Chicago".

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Il 1° marzo 1932 muore a Chicago, nell’Illinois, il clarinettista e sassofonista Frank Teschemacher, uno degli elementi più rappresentativi del cosiddetto “stile Chicago“.

Dalla band della scuola ai locali

Nato a Kansas City, nel Missouri, il 14 marzo 1906, Frank si trasferisce presto con la famiglia a Chicago. A dieci anni inizia a studiare il violino passando poi al mandolino e al banjo e, quindi, al sassofono contralto. Nei primi anni suona il violino nel gruppo della Austin High School che poi, sotto l’influenza dei famosi New Orleans Rhythm Kings, si trasforma in un gruppo jazzistico, i Blue Friars. Alla fine del 1924 la band viene scritturata dall’impresario Husk O’Hare e si esibisce a Chicago e dintorni con il nome di Husk O’Hare’s Red Dragons e Husk O’Hare’s Wolverines. In questo periodo Frank lascia il sassofono per dedicarsi al clarinetto. Suona poi con l’orchestra di Sig Meyers a White City e quindi con quella di Charlie Straight in Florida. Dal 1926 al 1928 fa parte della Floyd Town’s Band, salvo brevi scritture con i gruppi di Art Kessel e ancora di Charlie Straight. Trasferitosi a New York nell’estate del 1928, suona con varie formazioni, tra cui quella di Ben Pollack.

L’incidente con Davison

Dopo una breve permanenza ad Atlantic City con l’orchestra di Red Nichols, torna a Chicago e, in rapida successione, suona con i gruppi di Eddie Neibauer, Joe Kayser, Eddie Valzos, Charlie Straight, Floyd Town, Benny Meroff e Jess Stacy. Nel 1931, dopo una tournée con l’orchestra di Jan Garber entra in una big band formata da Wild Bill Davison. Proprio mentre sta tornando dopo una serata in una Packard guidata dallo stesso Wild Bill Davison muore in un incidente. Improvvisatore incisivo e grintoso, ricco di feeling jazzistico e dalle elevate doti ritmiche, ha uno stile volubile, capriccioso e apparentemente disordinato, spesso al limite della nevrosi. I suoi assoli, imperniati sullo svisamento melodico del tema, sono estremamente ricchi di inventiva e costruiti su fantasiosi patterns melodici, ricchi di armonie insolite e con note di passaggio spesso dissonanti.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".