Franco Ricciardi al telefono è un fiume in piena. Racconta con entusiasmo la sua storia, la sua passione per la musica e per Napoli che ama incondizionatamente e che non lascerebbe per nessun altro posto al mondo: “Napoli è una città piena di energie e di contraddizioni. Il napoletano ha una marcia in più, forse perché nasce con qualcosa in meno. Questa città è la mia fonte di idee e di ispirazioni e A storia e’ Maria per me è proprio Napoli, quella canzone parla di lei”. Franco Ricciardi è, insieme a Ivan Granatino, autore di A storia e’ Maria la canzone che Matteo Garrone ha scelto per una delle scene del suo film, Reality, presentato al Festival di Cannes 2012 e vincitore del premio Grand Prix.
Musicista, cantante partenopeo, Franco Ricciardi non ama le definizioni che, dice, gli stanno strette. Qualcuno lo ha etichettato un musicista urban o underground. Ma se proprio dobbiamo dare un nome alla sua musica, allora, dice, crossover è quello giusto, una derivazione composta da diversi stili tra cui l’hip hop. Molto popolare nella storia della musica napoletana, Franco ha iniziato a cantare all’età di dieci anni, interpretando canzoni napoletane classiche e da allora non ha più smesso, affermandosi nel mercato nazionale e internazionale della musica. Oggi Franco ha una sua casa discografica, la Cuore Nero Project. Figlio di una famiglia numerosa della periferia napoletana (è il settimo di otto figli, ndr) dove ancora oggi abita, dice di non riuscire ad immaginare un altro posto dove vivere.
Franco, tu sei autore con Ivan Granatino, della canzone A storia e’ Maria che è nella colonna sonora del film Reality di Matteo Garrone, vincitore del Premio Grand Prix Speciale della Giuria dell’ultimo Festival di Cannes. Un grande successo. Come è avvenuto l’incontro con Matteo Garrone?
Nel modo più incredibile, pensavo che queste cose succedessero solo nei film. Un giorno ho ricevuto una telefonata da Matteo, ero assorto in mille cose e pensavo fosse uno scherzo. Matteo chi? Se vabbè… Insomma non pensavo fosse proprio lui, ci ho messo qualche minuto a realizzare che si trattava del regista. Mi ha chiesto se il brano si poteva mettere nel film e così ci siamo incontrati. La cosa mi ha reso molto felice, Matteo è una persona molto profonda. Una persona straordinaria ricca di umiltà e semplicità, qualità che lo rendono grande.
Di cosa parla la canzone?
Per me la canzone rappresenta Napoli che io ritrovo ovunque. Sono un ‘mammone’ della mia città. Adoro la mia gente. Nelle mie canzoni cerco di raccontare le storie delle persone, le persone reali che incontro tutti i giorni. Vivo a Miano, un quartiere della periferia nord di Napoli, a circa un chilometro da Scampia. Così vicina che la vedo dal mio balcone.
Un quartiere difficile, di cui si parla quasi sempre per fatti di cronaca.
Sì, è vero. Viene rappresentata sempre per la sporcizia, la criminalità, la mancanza di civiltà e di speranza, come molti altri posti a Napoli. E’ un posto difficile è vero, ma è come se avesse il destino già segnato. Io quel posto l’ho visto nascere. Da ragazzino mi ricordo che vedevo quel “bunker” venire su. In base alla legge 167 (legge 167 del 1962 che introdusse in Italia i cosiddetti Piani di Edilizia Economica Popolare, ndr) si costruivano grandi alloggi popolari. Cosa ti aspetti? Prendi delle persone che non hanno lavoro, non hanno niente e le metti tutte insieme senza offrirgli null’altro. Non è impossibile che poi si creino quei tipi di realtà lì. Ma Scampia non è solo questo. Negli ultimi anni le cose stanno cambiando. Sono fiducioso. Ci sono tante persone che tutte le mattine si alzano per andare a lavorare, c’è tanta brava gente. Non si parla mai delle cose positive. Non tutti sanno che Scampia è stata eletta una volta come uno dei quartieri di Napoli con il più alto numero di adesioni alla raccolta differenziata. Paradossale no? Eppure è realtà.
C’è una speranza in questo cambiamento. Credi che un artista possa contribuire alla costruzione di un futuro migliore?
Un artista deve cercare di far arrivare a tutti e soprattutto ai giovani dei messaggi positivi. E’ quello che io cerco di fare con la mia musica. Non credo di trasmettere nei miei pezzi qualcosa di sbagliato. Ho iniziato a fare musica da piccolissimo, sono venticinque anni che faccio questo mestiere e non so quale sarà il mio obiettivo ma per me la musica è tutto, è la mia quotidianità, è libertà. La musica è un eterno miracolo, è dotata di un’enorme energia e può fare molte cose. Lo vedo nei miei concerti, a contatto con la gente. Se sei vero riesci a far arrivare dei messaggi. Ed è anche per questo che ho deciso di aprire una casa di produzione discografica, per avere quella libertà di cui un artista ha bisogno.
Il tuo pubblico è formato in gran parte da ragazzi. Pensi che loro possano rendersi protagonisti del cambiamento?
Assolutamente. Anche in contesti difficili, segnati, come quelli che vivo quotidianamente, i giovani rappresentano sempre una speranza. Penso alla mia esperienza. Mia madre mi ha trasmesso dei valori importanti. L’amore per il prossimo, per la natura e per gli animali che nella mia famiglia sono trattati con grande rispetto. Mia mamma mi ha insegnato a non sporcare l’ambiente in cui viviamo, guai se butto una carta per terra. Io sono padre di due bambini ai quali cerco di trasmettere gli stessi valori. L’educazione è fondamentale. I giovani hanno le idee chiare, i loro obiettivi, a noi spetta dare loro delle possibilità migliori, una via d’uscita.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Sto lavorando al mio nuovo album che uscirà a marzo e a novembre inizierò il mio tour in giro per l’Italia.
Quale sarà la tua prima tappa?
Napoli, ovviamente. Poi partirò alla volta di Bologna.
Franco, se non fossi diventato un cantante, cosa avresti fatto nella vita?
Come scrivo nel mio blog, “se non avessi fatto il cantante, avrei fatto il cantante”.