Migliaia di persone stanno occupando le piazze di tutt’Italia e non solo: a riempirle le Sardine, senza bandiere con simboli di parte. Un fenomeno degno di attenzione sociologica.
Anche se per ora le Sardine non si sono schierate come appartenenza ad un partito, forse nemmeno denunciando cosa vogliono ottenere, in maniera uniforme, ma unite nelle diversità (solo attraverso cartelli di speranza e buoni propositi) si sono dedicate soprattutto alla strategia che fa massa contro le seduzioni dei persuasori occulti – “non abbocchiamo” – promuovendo il desiderio di muoversi in branchi molto fitti per riscoprire il valore dei rapporti sociali, del pensare positivo razionale, integrato con i sentimenti di restiamo umani. Un corpo pensante proprio contro tutto questo odio sociale, insulti, fascismo … dimostrando e volendo moderazione dei toni e solidarietà. Non è poco.
Per qualcuno invece, nel paradosso di non esistenza, ma partecipata presenza, le Sardine sembrerebbero l’antipolitica dell’antipolitica e soprattutto essere la piazza come reificazione della rete dei social. Invece sulle magliette e sui cartelli esibiti si può leggere questa dichiarazione; la volontà di essere gli anticorpi della democrazia, che si attivano quando il corpo (sociale) è in pericolo, per essere infine un corpo intermedio di opinione e salvaguardia civile tra la politica e la società.
Si vedranno i risultati elettorali, ma nel frattempo si notano la qualità delle energie scatenate ma composte – come dice Francesco Merlo su Repubblica del 15 dicembre dopo – Roma Sardina – La folla senza capi, la piazza del buonsenso e del buon cuore è arrivata a Roma, come canta Venditti “malgrado voi”. E poiché i numeri risentono della passione di chi li calcola, è molto onesto limitarsi a dire che qui c’è la grazia di Dio, c’è il banco delle sardine come dovizia traboccante “Mamme e papà, bambini e bambine/oggi siamo tutti piccole sardine”… –
Dal caos della società liquida baumaniana, con derive dittatoriali ed onde grosse di populismo di pancia, un archetipo ittico antico e di grande potenza simbolica, esercita un notevole fascino di aggregazione ed esprime un desiderio collettivo ineludibile di trasformazione ed emancipazione. Le sardine (i pesci) sono libere e sono tante, le loro qualità sono il numero e la coordinazione per muoversi in gruppo, senza scontrarsi o perdersi, ma sono anche in basso nella catena alimentare, quindi per merito loro e per mezzo del loro sacrificio, gli altri pesci possono vivere.
Allora quelli che si sentono così hanno deciso di scendere tutti in piazza, scoprendo di essere tanti con lo stesso sentire e pensare, di molte etnie, sesso e di tutte le età, uniti nel montaliano – Codesto solo oggi possiamo dirti / ciò che non siamo, ciò che non vogliamo –
Non c’è bisogno di ricordare come i flash-mobs siano nati come un modo di comunicare collettivamente denso, di grande impatto sociale, straordinariamente virale attraverso i social, poi divenuti anche smart mobs, termine utilizzato nella teorizzazione del fenomeno per finalità politiche o sociali, nell’opera del sociologo Howard Rheingold nel suo “Smart mobs: the next social revolution”.
Invece adesso questa folla è sorridente e solidale, con l’energia del numero, nel segno del pesce, che ha la semplicità di un antico simbolo di rinascita, di ricchezza e saggezza, recuperato dalle profondità di un mare, anche di folla, che si vorrebbe salvare dal degrado (Lucio Dalla “com’è profondo il mare” del cartello delle bolognesi).
Rinforzare i legami di appartenenza tra gli individui, tra solidarietà e desiderio di un bene comune, in un mondo sull’orlo di una crisi ecologica e socio-politica epocale, non è utopia, ma il desiderio della vera e concreta applicazione di quanto postulato in quella Carta Costituzionale, costata tributi di sangue di tutti i militanti democratici ed antifascisti di ogni colore politico.
Foto di Valter Sambucini – www.valtersambucini.it