Migliaia di persone stanno occupando le piazze di tutt’Italia e non solo: a riempirle le Sardine, senza bandiere con simboli di parte. Un fenomeno degno di attenzione sociologica.
E’ degno di attenzione ogni avvenimento dai grandi numeri, mentre dai media si apprende che il contagio è partito, arrivato in nove centri italiani e in 24 città straniere tra le quali Parigi, Bruxelles e New York. Questo significherà pur qualcosa, anche se questa forza dei numeri gratifica e contemporaneamente preoccupa chi c’era e chi non c’era, tanto che sui social si leggono commenti di senso assolutamente opposto – Persone che non sanno nemmeno perché sono lì a manifestare – Straordinario, Bellissimo, torna la speranza – Tutta questa partecipazione dove porterà? – Il nulla faticosamente portato in piazza – In un precipitato di tweet si mescolano alchimie propositive, dichiarazioni entusiastiche e pozioni avvelenate da iniettare nel web, da appiccicare al popolo manifestante che non vuole bandiere, così come si preparano scatole contenitive sotto-siglate e letterine acide illustrate con animalismi araldici in funzione di competitor, se non vere e proprie tempeste di fango …
Anche se per ora le Sardine non si sono schierate come appartenenza ad un partito, forse nemmeno denunciando cosa vogliono ottenere, in maniera uniforme, ma unite nelle diversità (solo attraverso cartelli di speranza e buoni propositi) si sono dedicate soprattutto alla strategia che fa massa contro le seduzioni dei persuasori occulti – “non abbocchiamo” – promuovendo il desiderio di muoversi in branchi molto fitti per riscoprire il valore dei rapporti sociali, del pensare positivo razionale, integrato con i sentimenti di restiamo umani. Un corpo pensante proprio contro tutto questo odio sociale, insulti, fascismo … dimostrando e volendo moderazione dei toni e solidarietà. Non è poco.
Per qualcuno invece, nel paradosso di non esistenza, ma partecipata presenza, le Sardine sembrerebbero l’antipolitica dell’antipolitica e soprattutto essere la piazza come reificazione della rete dei social. Invece sulle magliette e sui cartelli esibiti si può leggere questa dichiarazione; la volontà di essere gli anticorpi della democrazia, che si attivano quando il corpo (sociale) è in pericolo, per essere infine un corpo intermedio di opinione e salvaguardia civile tra la politica e la società.
Già nell’editoriale su Repubblica dell’11 dicembre 2019 Ezio Mauro scriveva sotto il titolo – “Il Paese sommerso che ritorna a fare politica” – “C’era dunque un altro Paese, dietro l’angolo. Disperso, con la fine delle grandi culture politiche, tramontate dopo aver dato un segno al Novecento. Deluso, per la crisi di una rappresentanza sempre più debole, intermittente e a bassa intensità. Silenzioso, davanti al fragore dei populismi che intasavano di rabbia e rancore ogni spazio pubblico …” Ebbene sembra essersi attivata un’energia da tempo silente, intorno ad un animale simbolo, riaccesa da una piccola scintilla innescata a metà novembre da quattro trentenni di Bologna — Mattia Santori, Andrea Garreffa, Giulia Trappoloni e Roberto Morotti – attraverso con due slogan «L’Emilia Romagna non abbocca», ma anche «Bologna non si Lega» in riferimento all’appuntamento con le urne, alle prossime elezioni regionali in Emilia-Romagna.
Si vedranno i risultati elettorali, ma nel frattempo si notano la qualità delle energie scatenate ma composte – come dice Francesco Merlo su Repubblica del 15 dicembre dopo – Roma Sardina – La folla senza capi, la piazza del buonsenso e del buon cuore è arrivata a Roma, come canta Venditti “malgrado voi”. E poiché i numeri risentono della passione di chi li calcola, è molto onesto limitarsi a dire che qui c’è la grazia di Dio, c’è il banco delle sardine come dovizia traboccante “Mamme e papà, bambini e bambine/oggi siamo tutti piccole sardine”… –
Dal caos della società liquida baumaniana, con derive dittatoriali ed onde grosse di populismo di pancia, un archetipo ittico antico e di grande potenza simbolica, esercita un notevole fascino di aggregazione ed esprime un desiderio collettivo ineludibile di trasformazione ed emancipazione. Le sardine (i pesci) sono libere e sono tante, le loro qualità sono il numero e la coordinazione per muoversi in gruppo, senza scontrarsi o perdersi, ma sono anche in basso nella catena alimentare, quindi per merito loro e per mezzo del loro sacrificio, gli altri pesci possono vivere.
Sono pesci “poveri”, nel senso di non molto costosi, ma ricchi di sostanze benefiche e grassi insaturi, perciò chiamati oro azzurro per essere quel prezioso alimento, minacciato tra l’altro, dal riscaldamento globale. Infine (gli umani) chi non si è sentito mai sardina nelle file negli aeroporti, negli ospedali, nelle autostrade, in città … considerando invece che tale forzata vicinanza postmoderna, sempre meno confortata dalla solidarietà, ma solo dall’acuirsi del senso di solitudine, soprattutto quando l’invivibilità si fa sentire più feroce; quando il clima solidale si attenua nel momento del bisogno o dello sconforto.
Allora quelli che si sentono così hanno deciso di scendere tutti in piazza, scoprendo di essere tanti con lo stesso sentire e pensare, di molte etnie, sesso e di tutte le età, uniti nel montaliano – Codesto solo oggi possiamo dirti / ciò che non siamo, ciò che non vogliamo –
Non c’è bisogno di ricordare come i flash-mobs siano nati come un modo di comunicare collettivamente denso, di grande impatto sociale, straordinariamente virale attraverso i social, poi divenuti anche smart mobs, termine utilizzato nella teorizzazione del fenomeno per finalità politiche o sociali, nell’opera del sociologo Howard Rheingold nel suo “Smart mobs: the next social revolution”.
Dallo spirito di creare azioni prive di ritorno economico e spezzare la quotidianità con un evento fuori dall’ordinario per attirare l’attenzione su nuove aperture mentali, infine questo modus operandi è stato utilizzato anche da parte del mondo del marketing. Svuotandolo di ogni altro contenuto, secondo la vecchia abitudine della pubblicità di inglobare tout court qualsiasi fenomeno sociale di successo (utilizzandone le modalità a proprio favore) tutto questo alla fine ne ha snaturato il senso e mortificato la partecipazione, poiché le basi della convivenza civile e della lotta alla discriminazione non si vendono, né si comprano.
Invece adesso questa folla è sorridente e solidale, con l’energia del numero, nel segno del pesce, che ha la semplicità di un antico simbolo di rinascita, di ricchezza e saggezza, recuperato dalle profondità di un mare, anche di folla, che si vorrebbe salvare dal degrado (Lucio Dalla “com’è profondo il mare” del cartello delle bolognesi).
Rinforzare i legami di appartenenza tra gli individui, tra solidarietà e desiderio di un bene comune, in un mondo sull’orlo di una crisi ecologica e socio-politica epocale, non è utopia, ma il desiderio della vera e concreta applicazione di quanto postulato in quella Carta Costituzionale, costata tributi di sangue di tutti i militanti democratici ed antifascisti di ogni colore politico.
Foto di Valter Sambucini – www.valtersambucini.it