E’ uscito l’ultimo libro di Mario Avagliano e Marco Palmieri, Dopoguerra. Gli italiani tra speranze e disillusioni, 1945-1947, presentato per la prima volta a fine settembre 2019 a Palazzo Ferrajoli, in piazza Colonna a Roma, con gli interventi di Maria Romana De Gasperi, Patrizia Mirigliani, Lucio Villari ed Aldo Tortorella, moderatore Ruggero Po, introduzione di Antonella Freno Presidente dell’Istituto Europeo di Cultura Politica ITALIDE.
Gli autori hanno fatto un lavoro importante, mettendo insieme ad una puntuale narrazione storica, affermazioni e citazioni da stralci di diari privati, lettere, memorie, rapporti dei prefetti e della polizia, corrispondenze e conversazioni intercettate, stampa, anche da film e canzoni d’epoca, per comporre una ricca e sfaccettata descrizione di quegli gli italiani che vissero, nonostante tutto e nonostante laceranti contraddizioni, i primi fervidi anni della rinata democrazia.
Il libro descrive i tre anni che vanno dalla fine della guerra all’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, un periodo complesso e pieno di contraddizioni per gli italiani, ma per l’intera Europa. Il libro inizia infatti proprio con queste parole –
- Alla fine della Seconda guerra mondiale l’Europa è un “continente selvaggio”. (K. Lowe Il continente selvaggio. L’Europa alla fine della seconda guerra mondiale- Roma Laterza 2014) Milioni di uomini e donne sono stati vittime o artefici di violenze indicibili e l’orrore è stato così interiorizzato da essere diventato parte ordinaria e integrante della vita quotidiana. L’Italia – che prima ha aggredito altri paesi, poi è stata campo di battaglia tra eserciti stranieri e ha conosciuto una virulenta guerra civile – non sfugge a questo clima.
In questo panorama crepuscolare la comunità nazionale cerca di ricomporre i suoi frantumi in una nuova immagine, di congedarsi contemporaneamente dalla guerra civile, dal fascismo, dalle vendette e delle rese dei conti (proprio mentre stanno tornando a casa i prigionieri, i deportati) ed incominciano le grandi adunate politiche propedeutiche alla rinascente democrazia.
- La guerra è finita. Restano però il razionamento del pane, gli abiti e i cappotti rivoltati, le scarpe risuolate, le case senza i servizi essenziali, le strade e le ferrovie dissestate, la borsa nera, la polvere delle macerie e una disperazione che alimenta gravi agitazioni sociali, ma anche la criminalità e il banditismo.
Gli italiani attraversano momenti di felicità e di euforica voglia di ricostruire, anche con punte di gioiosa febbre di divertimento, sedotti dalla cultura americana dei nuovi ineludibili interlocutori, ma tutto ciò è funestato da episodi di violenza alla quale molti si erano già pesantemente assuefatti durante una guerra che aveva coinvolto l’intera penisola e tutte le categorie sociali, lasciato lutto e miseria. Anche morale …
- I nazisti non ci sono più, ma hanno lasciato nell’Italia centro settentrionale una scia di morte e sangue, alla quale hanno contribuito anche i fascisti della Rsi. Gli angloamericani, invece, sono stati accolti come liberatori e hanno portato tante novità: cibo, musica, nuovi costumi, “spose di guerra”, ma anche segnorine, sciuscià, mogli e fidanzate adultere, che sfidano la morale del tempo che ancora ammette i delitti d’onore, e figli “mulattini” che spesso saranno abbandonati perché sono motivo di vergogna e sono penalizzati dalle norme del tempo, sia in Italia che negli Usa.
Interessanti e indicative del clima, anche queste due citazioni tra le molte, messe in evidenza in quarta di copertina:
- «ma che cosa speravano dunque tutti? Che il giorno dopo la Liberazione le cose fossero già sistemate a dovere e prendessero il loro corso normale?» – partigiana Andreina Zaninetti – Libano, 8 maggio 1945
- «Amore mio qui scoppia il dopoguerra. Speriamo che duri poco» – Suso Cecchi d’Amico, 25 maggio 1946
L’otto maggio 1945 segna infatti la fine della Seconda guerra mondiale, ma l’inquietudine e la disillusione aleggiano come un presagio di ulteriore dolore, descritto dagli autori anche nelle riportate parole di Gennaro Jovine, reduce di prigionia, protagonista della pièce teatrale Napoli milionaria (1945) che Eduardo De Filippo fa concludere con le parole “ha da passà ‘a nuttata”.
Gli autori però non dimenticano di elencare anche i mali di un’Italia che aveva creduto di superare i problemi affidandosi al fascismo, mali che adesso riemergono con maggior virulenza – le fratture profonde tra il sud ed il nord, le contrapposizioni feroci tra laici e cattolici, tra comunisti, anticomunisti, fascisti, neofascisti – che rischiano di portare a nuove guerre fratricide o addirittura alla disgregazione dell’unità nazionale, già minacciata dalle rivendicazioni jugoslave sulla Venezia Giulia ed i movimenti separatisti in regioni come la Sicilia. In tutto questo il posizionamento dell’Italia nel bipolarismo Usa – Urss verso la Guerra fredda.
A posteriori si è poi considerato questo periodo come una rivoluzione mancata, poiché, finito il regime dittatoriale, non ne era seguito una differenza sostanziale dal punto di vista amministrativo, politico e culturale, causa le fragilità delle organizzazioni resistenziali, le ingerenze americane nella definizione degli assetti istituzionali e politici del dopoguerra, l’assenza di una vera celebrazione nell’istituire processi per accertare e condannare responsabilità dei protagonisti del fascismo.
Tra le testimonianze dirette sulle vicende della lotta partigiana e quelle immediatamente successive, un documento senza dubbio importante, il diario del futuro ministro Antonio Giolitti (all’epoca dirigente comunista) Di guerra e di pace. Diario partigiano 1944 45 a cura di Rosa Giolitti e Mariuccia Salvati (Donzelli, 2015). Citano infatti i due autori –
- Quello determinato dalla guerra è stato anche uno “sconvolgimento morale”, come lo definisce Antonio Giolitti, che chiude significativamente il suo Diario partigiano sottolineando che “per costruire la pace occorre anzitutto rieducare gli uomini – in gran parte abbrutiti dalla guerra – alla responsabilità e alla dignità della condizione umana”.
Gli autori sottolineano anche quanto raramente, nella storiografia successiva, questo triennio sia stato considerato come periodo con caratteristiche sue proprie ed analizzato in quanto tale. Sicuramente in tale scelta ha avuto un peso importante il considerare soprattutto il vissuto collettivo degli italiani; un’analisi sociologica quindi, di storie e contro/storie che si sovrappongono e si scontrano, i drammi, le vendette, le speranze e gli anticorpi culturali per scacciare la paura.
Gli autori filtrano e ricompongono un libro intenso che si legge con grande emozione ed interesse, ma senza perdere il filo della memoria che compone scenari forse dimenticati o rimossi, e senza tacere lo minimizzare la forte carica di novità e di volontarismo positivo con effetto rigenerante. Rinascono infatti in questo periodo le passioni vecchie e nuove, il Giro d’Italia con Coppi e Bartali, nasce il concorso miss Italia, Piaggio mette in moto la sua Vespa, la Candy crea la prima lavatrice italiana, sulla base degli schizzi inviati da un figlio del capo azienda, prigioniero negli Usa.
Tra queste vecchie e nuove forme di creatività ed arte di arrangiarsi, un cambiamento epocale. Le donne finalmente possono accedere alle urne, mentre tutti gli italiani, dopo 20 anni di dittatura, imparano letteralmente a votare, a compilare la scheda, a procurarsi il certificato elettorale, a candidarsi e conoscere tutte le fasi dell’evento.
Anche qui le testimonianze del libro sono molte, difficile fare una sintesi di 496 pagine ricche di note con ulteriori dettagli e bibliografie, frutto di un grande lavoro di due autori già molto noti per le loro ricerche storiche.
Mario Avagliano, giornalista e storico, collabora alle pagine culturali del «Messaggero» e del «Mattino». Tra i suoi libri più recenti: «Generazione ribelle. Diari e lettere dal 1943 al 1945» (Einaudi, 2006) e «Il partigiano Montezemolo» (Baldini & Castoldi, 2012).
Marco Palmieri, giornalista e storico, ha pubblicato «L’ora solenne. Gli italiani e la guerra d’Etiopia» (Baldini & Castoldi, 2015).
Insieme hanno pubblicato numerosi volumi, tra cui, con il Mulino, «Vincere e vinceremo! Gli italiani al fronte» (2014), «L’Italia di Salò» (2016), «1948. Gli italiani nell’anno della svolta» (2018, Premio Fiuggi Storia).