Alle ore 21 dell’11 ottobre 1960 il dibattito politico arriva per la prima volta sugli schermi televisivi. Con una discreta puntualità infatti la Rai, all’epoca unica televisione italiana, inaugura la prima puntata di “Tribuna elettorale”, una strana creatura mai vista prima destinata a evolvere e a continuare con il nome di “Tribuna Politica”.
Il primo è Scelba
Il dibattito d’apertura si svolge allo Studio 4 di Via Teulada a Roma, ha come ospite il ministro degli Interni Mario Scelba ed è condotto da Gianni Granzotto. È la prima volta che i politici parlano direttamente ai telespettatori senza la mediazione del telegiornale, ma soprattutto, non è mai successo che la televisione di stato, sempre ben allineata alle posizioni governative, intervistasse esponenti dei partiti dell’opposizione. L’onore di essere il primo protagonista della trasmissione non placa le ire del democristiano Mario Scelba, contrario a questa innovazione, che rivolgendosi al suo compagno di partito Amintore Fanfani dichiara con disappunto: «Bravi! Dopo le ballerine siete riusciti a far entrare nelle case degli italiani Palmiro Togliatti. Vergognatevi!». La prima puntata della Tribuna elettorale non va via troppo liscia e riserva un clamoroso colpo di scena perché per la prima volta da un video la parola mafia venne accostata alla politica. L’artefice della “provocazione” è Gino Pallotta, un giornalista de “L’Ora” di Palermo il quale domanda sornione al ministro degli Interni: «Onorevole Mario Scelba il governo come intende garantire la libertà di voto in Sicilia, dove si assiste a una impressionante ripresa della delinquenza mafiosa?». Scelba non batte ciglio ed evita accuratamente di rispondere, visto che può contare sull’impossibilità del giornalista di replicare perché nell’Italia democristiana gli imprevisti sono come le bollicine di una bibita, servono a rendere frizzante la bevanda ma non possono certo rompere il contenitore.
Spazi e tempi rigidissimi
A regolare il funzionamento del programma ci sono spazi e tempi rigidissimi. Nessuno può uscire dalle regole. Il moderatore è anche il cronometrista. In sala è presente un gruppo di giornalisti, rappresentanti ognuno di una testata sorteggiata e per evitare l’effetto “sala vuota” la platea viene completata da figuranti in giacca e cravatta che fingono di prendere appunti. A volte il politico è affiancato dal suo capoufficio stampa, che però non ha diritto di parola. Le trasmissioni cominciano l’11 ottobre e terminano il 4 novembre. Complessivamente vanno in onda dieci conferenze stampa di trenta minuti, otto dedicate ai partiti e due al governo, nove conversazioni di dieci minuti con i leader dei partiti e con un rappresentante del governo. Il giornalista Gianni Granzotto fa da moderatore con una formula che cerca di rendere spettacolare un tema ostico agli italiani come “la politica” con la presenza di giornalisti che bersagliano di domande imbarazzanti il leader di turno. L’ascolto di “Tribuna elettorale” è alto con una media di quattordici milioni di ascoltatori a puntata e una larga risonanza nell’opinione pubblica grazie all’attenzione della grande stampa. Sposta voti? Il pedagogista Aldo Visalberghi sulla “Rivista Pirelli” sostiene di no. Secondo lui, anzi, le trasmissioni tendono a rafforzare le opinioni del pubblico. Insomma la trasmissione nonostante la scarsa dinamicità, ottiene comunque un buon successo di pubblico, e si trasforma in Tribuna Politica. Da quel momento non ci si è fermati più…