Il 12 dicembre 1941 a East Orange, nel New Jersey, nasce la cantante Dionne Warwick. La sua è una famiglia canterina. Sia il padre che la madre, infatti, cantano gospel e anche lei a sei anni entra a far parte del coro della chiesa del suo quartiere al fianco dei genitori. La musica le piace e la diverte. Perché, dunque, non farla diventare qualcosa in più di una semplice passione?
Scoperta da due vecchie volpi
Assecondata dalla sua famiglia perfeziona le tecniche di canto presso l’Hart College of Music di Hartford e alla fine degli anni Cinquanta forma le Gospelairs, un quartetto femminile di cui, oltre a lei, fanno parte con sua sorella Dee Dee, Cissy Houston, la futura madre di Whitney Houston, e Doris Try. Le ragazze lavorano in sala di registrazione e prestano la loro voce per i cori nei dischi di artisti famosi. Proprio in uno studio di registrazione Dionne Warwick viene notata da due vecchie volpi della scena musicale statunitense, Burt Bacharach e Hal David, che le procurano il primo contratto discografico con la Scepter Records. Nel 1962 pubblica il suo primo disco Don’t make me over, ma per il successo ci vuole un po’ più di tempo. Arriva nel 1964 con Walk on by, il primo di una lunga serie di canzoni e di album destinati a fare di lei una delle cantanti più importanti degli anni Sessanta.
Un inconfondibile timbro vocale
Nel 1971 abbandona la Scepter Records e firma un nuovo contratto con la Warner Brothers, accettando di rinunciare a un pizzico di libertà e indipendenza per mettersi nelle mani di un produttore di lusso come Isaac Hayes. Artista versatile e curiosa non rinuncia alle sperimentazioni e alle collaborazioni come quando, nel 1974, arriva al vertice della classifica statunitense dei singoli più venduti interpretando, insieme agli Spinners, il brano Then came you. Negli anni successivi diraderà le sue performance discografiche, mantenendo inalterata la sua fama di artista dalla voce duttile capace di confrontarsi con un repertorio vastissimo formato da stili e generi molto diversi tra loro. Inconfondibile resta il suo timbro vocale che, pur possedendo gran parte delle caratteristiche tipiche dei grandi interpreti afroamericani, ha la capacità di assumere sfumature e toni molto diversi fino ad apparire in alcune occasioni come una voce “bianca”. Padrona delle tecniche jazzistiche manipola a suo piacere il tempo dei brani interpretati, trasformando in forza espressiva una tecnica virtuosistica che ha avuto in Ella Fitzgerald uno dei momenti artisticamente più alti.