“Quel che resta del sogno”è un saggio storico a 100 anni dalla nascita del PCI, con una intervista inedita a Franco Ferrarotti e gli articoli di Angiolo Marroni, Maria Serena Veggetti, Claudio Crescentini, Ida Mitrano, Armida Corridori, Francesco Santopolo, Agostino Bagnato – (Edizioni L’Albatros marzo 2021) Il libro è a cura di Agostino Bagnato che così introduce il testo:
- Cento anni sono un battito d’ali nella storia di una nazione storicamente consolidata, ma sono un tempo lunghissimo per un paese come l’Italia, nato appena 160 anni fa dalle lotte risorgimentali, la cui unità culturale e spirituale non si può dire compiuta. Cosa hanno rappresentato i comunisti in questi cento anni, quale contributo hanno fornito allo sviluppo del Paese, come hanno partecipato all’evoluzione del costume, del modo di pensare e del sentire comune degli Italiani(?)… Il dibattito è stato ampio ed è ancora in corso, alimentato dalla ricorrenza attuale, dopo le infinite discussioni sulle responsabilità comuniste nella mancata evoluzione verso posizioni socialdemocratiche, a vantaggio dell’eurocomunismo dimostratosi illusorio, e poi dal privilegiato rapporto con il mondo cattolico nella creazione del blocco politico o di una coalizione denominati “Compromesso storico”.
- Si discuterà ancora a lungo su questi aspetti del dibattito sulle idee del XX secolo e sul giudizio da assegnare ai protagonisti. Ma non c’è dubbio che la lezione gramsciana per leggere la storia sia ancora oggi uno strumento essenziale per riuscire a compiere una sintesi. Perché il ruolo dei comunisti non è stato soltanto politico e socio-economico, ma ha prodotto conseguenze profonde sul modo di concepire la storia e l’agire dell’uomo che ne è alla base. (…)-
L’Italia del Novecento viene raccontata attraverso la politica e le famose battaglie del Partito Comunista Italiano, dalla nascita nel 1921 da una costola del Partito Socialista in poi, andando a rappresentare un caposaldo della lotta per la democrazia, la libertà per lo sviluppo economico-sociale, per l’affermazione dei diritti civili e la difesa della pace.
Fondamentale nel libro, la lettura interpretativa del pensiero di Antonio Gramsci, non meno interessanti le valutazioni di ogni singolo autore, di varia formazione ed esperienza, sulle principali questioni culturali in settori diversi, in qualche maniera rappresentando l’evoluzione che ha caratterizzato per l’Italia l’opposizione tra due superpotenze negli anni della guerra fredda, tra la visone egocentrica americana e quella collettivistica sovietica.
Segue l’intervista ad uno dei protagonisti fondamentali della vita socio/culturale del Paese, Franco Ferrarotti, ricordando essere stato lui il fondatore, con Nicola Abbagnano nel 1951, della prima rivista di sociologia in Italia; la sua amicizia con Adriano Olivetti ed i suoi corsi di sociologia e servizio sociale, quando non ancora pienamente riconosciuti a livello accademico, ottenendo in seguito (nel 1961) la prima cattedra di sociologia messa a concorso presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Ferrarotti, traccia un ampio profilo del secolo breve, dell’utopia sociale che lo caratterizza e della sua eredità, dei suoi protagonisti principali tra cui i comunisti la cui politica moderata e pragmatica ha contribuito allo sviluppo democratico garantendo le libertà individuale e collettive, evitando avventure rivoluzionarie. Da pagina 16:
- Il PCI è stato fin dall’inizio della sua esistenza il difensore più coerente dei principi di libertà e di democrazia, nonostante le imposizioni di Mosca. Questa è la base della eccezionalità italiana nel movimento operaio e nel movimento comunista europeo, come ho sostenuto coerentemente da settanta anni. Bisogna tenere sempre presente il contesto. Palmiro Togliatti è stato soprattutto uno stratega nella lotta politica, ma mancava di adeguata strategia per il lungo periodo. Al contrario, un intellettuale antifascista come Franco Rodano, appartenente al Movimento del Cattolici Comunisti, da cui sarebbe nata la Sinistra Cristiana, unitamente ai suoi amici, aveva una visione molto ampia e di lungo respiro. Togliatti e Rodano, tuttavia, avevano compreso che per dare stabilità politica all’Italia era indispensabile l’incontro tra democristiani e comunisti, nel senso che la trasformazione del Paese sarebbe stata possibile dalla collaborazione tra queste due componenti fondamentali della storia italiana più recente.
Il libro prosegue con l’articolo Ricordando Gramsci di Angiolo Marroni (giurista, dirigente politico, ex Garante Diritti Detenuti Lazio). Educazione e cambiamento. rivoluzione e antropogenesi tra crescita e sviluppo maggiorante di Maria Serena Veggetti, (pedagogista, Sapienza Università di Roma) relativo anche al ruolo avuto da Lev Semënovič Vygotskij, psicologo e pedagogista sovietico, padre della scuola storico-culturale.
Segue l’articolo di Armida Corridori, (saggista, docente di filosofia) sulla La questione femminile nel novecento. il ruolo del PCI, seguito dall’articolo di Claudio Crescentini (storico dell’arte, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali) Dall’URSS a Roma. Considerazioni e note a margine nel dibattito sulla “cultura dell’abitare” del partito comunista italiano. L’articolo di Ida Mitrano (storica dell’arte, Polo museale Sapienza Università di Roma) prende in esame Il PCI e gli artisti. Dal dopoguerra agli anni sessanta, mentre l’articolo I sommersi e i dimenticati di Francesco Santopolo, (agronomo, ambientalista e studioso del Mezzogiorno) ci pone davanti alla necessità di recuperare la memoria di uomini che hanno contribuito alla costruzione del pensiero moderno. E non sembri proposito scontato, questi nomi sono tanti, a cominciare da Libero Giancarlo Castiglia, mitico protagonista della guerriglia contro i “gorillas”, che l’autore ricorda dopo la lettura del libro di Alfredo Sprovieri Joca, il «Che» dimenticato (Mimesis, 2018).
Segnaliamo in particolare l’articolo conclusivo del libro che riporta una storia che ci interessa, particolarmente in questo periodo, in cui l’ambiente e le questioni legate al dissesto idrogeologico del nostro Paese sono al centro delle tematiche ambientali – La questione agraria nella nascita e nella politica del partito comunista italiano.
L’autore Agostino Bagnato, giornalista pubblicista dal 1982, collaboratore di numerose testate, è direttore della rivista e casa editrice L’albatros dal 2000, ha realizzato oltre cinquanta pubblicazioni e vari eventi culturali. Una carriera nel mondo politico ed amministrativo nel Lazio e successivamente come dirigente nazionale di Lega Coop e docente a contratto presso “Sapienza” Università di Roma (svolgendo corsi di Educazione e Coperativismo). Scrittore, ha condotto studi e ricerche di carattere storico, letterario e artistico, in particolare sulla Russia e nel 2013, ha ricevuto l’onorificenza Medaglia Pushkin dalla Federazione Russa per la diffusione della cultura di quel Paese.
Ideatore, curatore e promotore del volume in oggetto, il suo articolo è assai complesso e dettagliato, come complessa ed articolata è la Questione Agraria in Italia, nel periodo preso in esame, cioè dalla nascita del PCI il 21 gennaio 1921 ad oggi, ricerca che dedica in calce a Pio La Torre (Palermo, 24 dicembre 1927 – Palermo, 30 aprile 1982) noto politico e sindacalista italiano; ricordato anche per il suo impegno contro la mafia che causò infine il suo assassinio.
Molti altri nomi vengono elencati, noti e meno noti, ed eventi che hanno fatto la differenza, mentre ci parla di un’agricoltura plurale, del reticolo di piccoli poderi a conduzione familiare e di grandi aziende capitalistiche, soprattutto cooperative agro-alimentari e agro-industriali, autentica forza dell’agricoltura italiana … (Pagina 151)
- Cosa sarebbe la campagna emiliano-romagnola senza il vasto tessuto di imprese cooperative, e quella lombarda e veneta senza la contrattazione interprofessionale, per non parlare della viticoltura piemontese, toscana e siciliana, o l’olivicoltura pugliese e calabrese, fino all’appoderamento del Lazio con la bonifica e la riforma fondiaria? E come sarebbe stata possibile la rinascita di tante zone dell’Appennino basate sulle produzioni agricole e alimentari fondate sulla tradizione e sulla difesa della qualità? (…) L’azione del PCI ha ottenuto risultati importanti sul piano della legislazione agraria, del superamento dei residui del feudalesimo, della cancellazione di privilegi medievali, al contrasto allo sfruttamento e soprattutto alla costruzione delle tutele previdenziali e assistenziali, come conquista della parità tra città e campagne … Di tutto questo i comunisti sono stati testimoni e protagonisti. Ma quanta fatica per giungere a quell’agricoltura plurale capace di esprimere le potenzialità delle tante diversità e particolarità delle campagne italiane fondate sulla biodiversità, della tipicità e unicità di molti prodotti che ne fanno una delle eccellenze del Paese. Protagonisti di questa rinascita sono stati soggetti ben distinti: piccole e medie imprese coltivatrici a conduzione familiare; aziende capitalistiche eredi della proprietà agraria assenteista e parassitaria; piccoli poderi nati con la riforma fondiaria e quelli di origine colonica e mezzadrile; cooperative per la raccolta dei prodotti agricoli e per la trasformazione e commercializzazione della produzione conferita dai soci; strutture cooperative per fornire mezzi tecnici (macchine agricole, concimi, mangimi, fitofarmaci, assistenza tecnica, ecc.). Senza dimenticare il contributo decisivo di una nuova leva di agronomi e biologi impegnati nell’agricoltura sostenibile, biodinamica e nella più generale sostenibilità ambientale, nonché nel recupero delle produzioni tipiche e della territorialità. Infine con il contributo delle università e dei centri di ricerca, di cui raramente si parla, che rappresentano un autentico bastione dell’agricoltura contemporanea e dell’enogastronomia.
Impossibile farne un riassunto in poco spazio. Si prendono in esame infatti e dettagliatamente tutti i passaggi storici, gli schieramenti ed i nomi, soprattutto gli antefatti che segnarono le differenze non solo tra nord e sud, ma per zone, differenti e similari, come le zone malariche in Toscana, Lazio, Veneto … Le rivendicazioni del sud, dove le vaste proprietà nobiliari nell’Italia centrale e meridionale, eredità dell’ordinamento agrario pontificio e della baronia spagnola e borbonica, lasciavano ancora folle di contadini poveri assoggettati a contratti medievali, mentre il pascolo arricchiva la proprietà assenteista e parassitaria.
Si prende altresì in esame anche il mondo rurale di ispirazione cattolica ed il legame strettissimo con le parrocchie, mentre l’azienda agricola capitalistica aveva avviato le prime misure di modernizzazione. Così mentre l’occupazione delle fabbriche proseguiva al Nord, nelle campagne del Centro ed in tutto il Mezzogiorno, si rafforzava l’ondata dell’occupazione delle terre, tra sacrifici, battaglie ed anche incomprensioni, ma anche momenti di esaltazione di fede internazionalista e pacifista dei lavoratori in tutta la penisola. Vi sono quindi elencate le evoluzioni durante il fascismo, la Resistenza nella Guerra di Liberazione, nelle quali il contributo dei lavoratori della terra è stato notevole. Basti per tutti il terribile episodio dell’uccisione dei sette fratelli Cervi a Reggio Emilia alla fine del 1943.
Bisognerà aspettare gli anni del Secondo dopoguerra per l’impetuosa ripresa delle lotte agrarie, a cominciare dall’occupazione delle terre incolte e mal coltivate, in Sicilia, Calabria, Puglia, Lazio, Abruzzo con alla testa le Leghe contadine dirette dalla Confederterra e le cooperative coordinate dalla rinata e rinnovata Lega delle Cooperative, mentre a questa parte della riforma agraria, oltre al ruolo dei comunisti e delle forze di sinistra, partecipavano al movimento anche le cooperative e Leghe “bianche”.
Le reazioni padronali reagirono brutalmente. Basti ricordare le stragi più sanguinose di Portella della Ginestra, Montescaglioso, Celano, Melissa, lotte che negli anni successivi sarebbero diventate sempre più formidabili, come le battaglie delle raccoglitrici di olive, le donne impegnate nella trebbiatura e nella raccolta del grano, quelle addette alla potatura verde nei vigneti e nei frutteti e alla vendemmia.
Vengono prese in esame in seguito la nascita delle Regioni, della Comunità Economica Europea, la lotta per la legalità e contro la mafia, con gli assassinii dei magistrati Giovanni Falcone e Nino Borsellino, assurti ad emblema del sacrificio, rappresentanti delle forze di polizia fino al generale Alberto Dalla Chiesa, giornalisti, uomini politici. Citato anche Piersanti Mattarella, presidente DC della Regione Siciliana, che venne ucciso qualche anno prima, Pio La Torre simbolo di questa opposizione a forze criminali potenti e ramificate in tutto il Paese ed all’estero, come ha messo in evidenza il maxiprocesso di Palermo. Nell’ultima parte dell’articolo “Nuove tematiche” infine, nuovi passaggi dal 1989, quando subentra l’accelerazione della disfatta del comunismo sovietico, emblematicamente rappresentata dal crollo del Muro di Berlino. Le tematiche sono molte, cominciando dalle trasformazioni verso un processo di radicale rinnovamento, non pienamente riuscito, ma dall’orizzonte riformista e di adeguamento con le trasformazioni mondiali e la globalizzazione.