L’autore è Mario Quattrucci, impegnato dal 1953 nella vita politica e sociale come membro del Comitato Centrale del PCI. Lo ha rappresentato in Circoscrizioni, Comuni, Provincia e Regione, ma s’è occupato anche di arti visive, teatro, letteratura, poesia. Noto scrittore seriale di gialli, nel suo ultimo libro appena uscito, decide di disseppellire un inquietante e mai ufficialmente risolto caso criminoso del lontano ’56.
Il titolo è esplicito Quel delitto del ’56 (Oltre Edizioni) così pure l’incipit
— Fu del Cinquantasei, sì … Sessanta giusti. Avevamo venti anni, i nostri padri erano ancora in servizio, sognavamo il sol dell’avvenire ed eravamo tutti, senza remissione, stracotti d’amore. E benché l’avessimo vissuta di persona della Storia di quei vent’anni e di prima non sapevamo un accidente. E figurarci della vita. Ma fummo presi e travolti dalla grande bufera di quell’anno La bufera di gelo e neve che coprì Roma e l’Europa, certo. Ma quella in realtà fu soprattutto allegria e joie de vivre. La bufera che ebbe a Mosca l’epicentro: quella fu davvero la tormenta ad uscire e, salvarci dalla quale, a vent’anni, dovemmo impegnare per un anno le nostre intere risorse. E non erano molte. Dicono che fu l’anno in cui divenimmo altra cosa: non lo so, ma di certo fu l’anno in cui dovemmo crescere in fretta. Per ciò, impegnati come eravamo in quel travaglio, di quella storia minima che si svolse nelle nostre immediate vicinanze, di quel brutto delitto, sapemmo poco e tardi. E nemmeno forse volevamo sapere. Ma ora, a distanza di tanti anni, ed anche per lasciar traccia di come eravamo e di come era veramente l’Italia di allora, si può raccontare. E forse si deve. (…) La verità su quei fatti, su quel delitto, in realtà dal mondo non fu mai conosciuta…Ovvero: non fu mai rivelata. Del morto il mondo non ha saputo mai niente: due righe di giornale, un trafiletto in cronaca, e quindi l’oblio. L’uomo, il suo destino, il fatto, come uno dei tanti dei cento misteri italiani, tutto inghiottito dalla nebbia e dal polverone di menzogne che avvolge l’Italia da oltre settant’anni. –
La prefazione al libro è di Diego Zandel che si può leggere nel sito di Oltre edizioni:
http://www.oltre.it/biblioteca/store/comersus_viewItem.asp?idProduct=3350
Il libro inizia inquadrando un periodo particolare, il 1956, quando la Resistenza non viene più ritenuta un valore da difendere, stessa cosa per i valori democratici; tutto naufraga negli schieramenti della Guerra fredda ed il comunismo, ovvero il movimento dei lavoratori, diventa il male da combattere, con mezzi leciti ed illeciti, repressioni poliziesche ed infiltrazioni di controllo, spionaggio. USA, destre e DC con i servizi segreti salvano i militari ed i burocrati fascisti. Senza fare loro un processo sono lasciati tranquillamente in posti di controllo e di potere. In questo clima gelido anche la meteorologia contribuisce con un evidente calo di temperature. A febbraio anche Roma rimase dieci giorni sotto la neve, con temperature polari ed il 16 febbraio le temperature raggiunsero i meno 10,6 gradi superando i livelli minimi raggiunti nel 1929.
– Levitava a San Saba, al Giardino degli Aranci, sotto l’Abside rosa di Santa Sabina; cingeva di bianco le Mura Aureliane; San Francesco a braccia levate era un fantasma, il sagrato di San Giovanni un semicerchio di ermellino come fosse S. Basilio di Mosca. –
Il 19 febbraio, prima domenica di quaresima, nel quartiere Appio-Latino alle 7 del mattino un tramviere, mentre attraversa il ponte che passa sopra la ferrovia, vede per caso un cumulo di neve dal quale spunta qualcosa di nero. Per curiosità si avvicina e si rende conto che il nero è un cappotto, una manica, una mano e infine un viso … Nei pressi abita anche un maresciallo dei carabinieri, chiamato dal portiere, a sua volta avvisato da una guardia notturna che il tramviere aveva incrociato al momento della scoperta del cadavere. Il maresciallo accorre, si porta dietro una macchina fotografica del figlio e fotografa il morto, che risulta ucciso da un colpo di pistola alla nuca. Poi arrivano, dal vicino commissariato, i poliziotti e poi i carabinieri, ma nel giro di poco tempo il maresciallo apprenderà che le indagini sono passate in mano ai servizi segreti … Chi era quell’uomo ammazzato? E perché tanto interesse da parte dei Servizi? E perché quella morte è stata poi archiviata come suicidio, contro l’evidenza del tipo di ferita? Il maresciallo, uomo valoroso, decorato in guerra per la sua partecipazione alla Resistenza, non si rassegna ai risultati ufficiali e indaga per conto suo.
Poi la lingua, un linguaggio romanesco, gergale che l’autore utilizza anche negli altri suoi gialli, atto a far precipitare il lettore all’interno di ambientazioni filmiche della più fiera romanità, le micro città dei quartieri romani con i loro personaggi, all’interno della grande Madre. L’esserci in una città grande ed antica che riesce ancora ad affascinare, con la complicità dell’autore, nonostante le sue ferite ed i misteri celati nei suoi luoghi del cuore.
Si può leggere un’analisi di questo linguaggio su di un articolo di Malacoda: Corrado Morgia Leggere il novecento. Dalla militanza politica alla attività letteraria. Mario Quattrucci: colori e parole – https://malacoda4.webnode.it/mario-quattrucci-colori-e-parole/
Dice infatti Morgia: – Il linguaggio attraverso il quale tutto questo si esprime ha una importanza fondamentale. Il punto di partenza è il “sommo esempio di Gadda e del suo Pasticciaccio”, mentre il punto di arrivo, come è stato detto in modo molto adeguato, è la “romaneria”, un lessico in cui “s’inanellano i sugosi fiori della parlata romana”, quella splendida “patina linguistica che indora pagina dopo pagina, frase…dopo frase”.
Si può leggere ancora una critica su Quel delitto del ’56 a firma di Massimo Novelli (da Il Fatto quotidiano) su https://malacoda3.webnode.it/mario-quattrucci-quel-delitto-del56/
Mario Quattrucci è nato nel 1936 a Velletri ed è sempre vissuto a Roma. Dal 1989 abita a Fiano Romano con la moglie e una numerosa famiglia felina. Cresciuto in una famiglia di piccola borghesia antifascista, viene educato dall’esperienza, dalle memorie e dalle riflessioni dei genitori, soprattutto ai valori della libertà e della pace. Il nonno materno è un socialista del 1894, legato a Giacinto Menotti Serrati, che entrerà nel PCI durante la guerra. Il padre, maresciallo dei carabinieri, combattente a 17 anni nella Grande Guerra e poi richiamato nella orrenda campagna di Grecia, rifiutatosi di aderire ai bandi nazifascisti, partecipa alla difesa di Roma ed allo scontro del 7 – 8 ottobre ’43 tra Carabinieri e nazisti, quando costoro assaltano le caserme, disperdono l’Arma e (dieci giorni prima della razzia del Ghetto e della deportazione degli ebrei di Roma) catturano e deportano 2000/2500 Carabinieri. Si salva perigliosamente dalla cattura riuscendo a darsi alla macchia in Abruzzo.
I ricordi della sua infanzia sono dunque legati alle vicende belliche, all’ansia per le sorti del padre, ai bombardamenti, alle fughe, ai pericoli corsi nella tragedia seguita all’8 settembre ed all’occupazione nazista. A 16 anni compie la sua prima esperienza politica partecipando come attivista al dirimente scontro elettorale per il rinnovo dell’Amministrazione Comunale di Roma, allorché una grande coalizione laica capeggiata da F.S. Nitti si contrappone alla cosiddetta Operazione Sturzo, nata in un clima di parossistico scontro ideologico e di forte spinta restauratrice. In quella occasione entra in contatto con l’organizzazione giovanile del PCI e, l’anno successivo il 1953, durante la drammatica campagna elettorale segnata dalla legge maggioritaria (meglio conosciuta come legge truffa) viene ammesso nelle sue file.
Sono gli anni di liceo e poi di università e Mario, nelle dure condizioni sociali del tempo e nelle ristrettezze economiche della sua famiglia, svolge vari lavori avventizi, ma pratica anche alcuni sport, gioca al calcio in squadre scolastiche e rionali, a baseball con la AS Roma nella divisione maggiore, in seguito nel glorioso Epiro Baseball Club. In seguito rinuncerà del tutto allo sport per dedicarsi agli studi, al lavoro, all’attività politica.
Dal 1955 in poi, infatti, mentre compie gli studi di Scienze Politiche alla Sapienza, viene chiamato ad incarichi direttivi in organizzazioni di base del PCI: segretario di circolo, segretario di sezione, segreteria di zona. Inizia in questo periodo a interessarsi di teatro, di cinema e di letteratura, partecipa attivamente al ricco dibattito culturale che si svolge, non solo in seno alle istituzioni e sui grandi organi di stampa, ma anche nei numerosi importanti circoli attivi nei rioni e quartieri di Roma. Segue all’Istituto Gramsci le lezioni di Della Volpe, Gerratana, Manacorda ecc. e scrive le prime recensioni teatrali in piccole riviste locali, poi nel periodico universitario Ricerche; si lega alla compagnia teatrale “I liberi”, diretta da Alberto Ruggiero, che ha tra i suoi protagonisti il giovane Carmelo Bene agli esordi, realizzando le memorabili rappresentazioni del ’59 al Teatro delle Arti: Woyzeck e Caligola.
Vive con intensità il grande travaglio politico e ideale innescato dai dolorosi eventi dell’indimenticabile ’56, e da quel momento partecipa con crescente impegno al processo di rinnovamento del PCI, seguito a quegli eventi ed avviato dall’8° congresso nazionale. Impegno mai abbandonato, specialmente vivo durante l’invasione della Cecoslovacchia e durante la crisi polacca, espresso nell’adesione alle posizioni di autonomia internazionale di Enrico Berlinguer. Nel 1960, dopo aver preso parte alla grande battaglia democratica contro il governo Tambroni (sorretto dai neofascisti) partecipa ad un corso semestrale alla fine del quale viene chiamato ad insegnare nel rinnovato “Istituto di Studi Palmiro Togliatti”. Svolge questo compito fino al 1967, nell’ambito di un’attività generale di studi e formazione diretta da Enrico Berlinguer e poi da Alessandro Natta. Sia nell’attività dell’Istituto, sia facendo riunioni conferenze e dibattiti in giro per l’Italia, entra in rapporto con numerosi aspetti della realtà sociale del nostro Paese, con le organizzazioni operaie del centro nord, con il movimento e la cultura meridionalisti, con l’esperienza di governo locale dell’Emilia e della Toscana. Ha contatti, di ricerca e di studio, con varie realtà internazionali ed in particolare con la Facoltà di Scienze Politiche di Ljubljana, nella quale tiene conferenze e dibattiti sull’opera di Gramsci. Suoi saggi sono pubblicati, in quest’ambito, dalla rivista slovena Teorija in Praksa.
Nel 1968 lascia l’Istituto ed entra a far parte del gruppo dirigente dell’organizzazione romana e poi regionale del PCI. In essa ricopre incarichi di crescente responsabilità (Segretario della Zona Nord e poi della Zona Castelli─Litoranea; Responsabile Enti Locali e poi del Comitato provinciale nella Segreteria della Federazione) fino a quello, tenuto dall’87 al 90, di Segretario Regionale e membro del Comitato Centrale. Nel corso di questa attività, che lo porta ad essere tra i principali collaboratori di Luigi Petroselli (prima dirigente del partito poi Sindaco indimenticabile di Roma), viene eletto in consigli di Circoscrizione e Comunali (Lanuvio), in C.d.A. di Aziende Pubbliche, al Consiglio Provinciale e, per due legislature, al Consiglio Regionale del Lazio nel quale svolge le funzioni di presidente del Gruppo, legando il suo nome a molte importanti leggi e iniziative sociali e culturali. Conclude la sua esperienza amministrativa con l’elezione a Sindaco di Fiano Romano (1993 – 1997). Attualmente è iscritto al Sindacato Pensionati Italiani (CGIL) ed è stato Presidente Sindacato Nazionale Scrittori poi confluito nel SLC− CGIL.
Nei 50 anni che vanno dal 1952 al 2002, come ha avuto modo di scrivere, “compie senza muoversi da Roma e dal suo piccolo cuore un lungo viaggio fra gli errori del secolo, molto operando, molto sperando e anche molto errando perché molto ha amato”.
Dirige la collana Libri di Poesia della Robin Edizioni. Ha diretto le collane di poesia Segmenti e Gemina delle Edizioni Quasar. È cofondatore (1990) del Premio Feronia Città di Fiano, del quale ha presieduto la Giuria ed è stato Direttore artistico; ha fondato l’Associazione Culturale ENTROTERRA; è stato Presidente del SNS-CGIL, ed è ora nel SLC (Sindacato Lavoratori Comunicazione) CGIL.
Ha fondato e dirige la rivista on line malacoda.it (webzine di lotta per una riforma intellettuale e morale); ha aperto e si fa il settimanale on line malablò.it.
Esordisce nella narrativa (2000) con il romanzo A Roma, novembre (Quasar-Manni), in cui dà vita al personaggio del commissario Marè. Segnaliamo qui Troppo cuore. L’ultima inchiesta di Marè, edito da Robin, 2018. Un romanzo popolare, anzi “un romanzetto”: così l’autore ama chiamare i suoi quattordici splendidi gialli che si possono visionare sul web; popolari nel senso di essere un mix di trama, mistero, feuilleton, indagini, indagati, svelamento (ma non consolatorio) del mistero… Come nei precedenti Roma non è solo teatro ma coprotagonista della storia: sì, ma in questo “Troppo cuore”, l’azione va a esaurimento (solo un colpo di pistola, insomma), mentre lievita e cresce, col sottofondo di gran jazz e di songs belle assai, ricerca culturale sociologica e morale. C’è insomma, a dispetto del titolo, molto più di cervello che di cuore.
Come si evince dalle ultime pubblicazioni, dai lavori in fieri e dai progetti, Mario continua a scrivere e, come dice, «a sperare, contro ogni speranza, nelle idee e nella scrittura».