L’opera di Julian Rosefeldt al Palazzo delle Esposizioni dal 26 febbraio al 22 aprile 2019 consiste in tredici splendidi brevi filmati, ognuno dei quali dura 10 minuti e 30 secondi ed è ambientato in un diverso contesto. Tutti, a eccezione del prologo della durata di 4 minuti, sono magistralmente interpretati dall’attrice australiana e due volte Premio Oscar, Cate Blanchett. Nel prologo, in cui vediamo una miccia che brucia, risuonano le parole del Manifesto del Partito Comunista scritto nel 1848 da Karl Marx e Friedrich Engels, scelto, evidentemente, per sottolineare la comune matrice rivoluzionaria di queste dichiarazioni di poetica. La mostra è promossa da Roma Capitale – Assessorato alla Crescita culturale e Azienda Speciale Palaexpo. Organizzata da Azienda Speciale Palaexpo. L’operazione, nel suo complesso, è un omaggio alla pratica novecentesca dei Manifesti, quei testi diffusi come proclami, asseverativi e categorici, con i quali gli artisti distruggevano il passato per difendere – con parole incisive come quelle di una poesia – una nuova visione dell’arte che fosse specchio di un mondo nuovo.
Anche l’architettura della Rotonda del Palazzo delle Esposizioni è stata ridisegnata da “Manifesto”. La video installazione infatti, articolata in 13 grandi schermi dell’artista tedesco Julian Rosefeldt, è stata costruita all’interno
Cate Blanchett, interprete impeccabile, talvolta in sintonia, talvolta in paradossale contrasto rispetto all’ambientazione o alle azioni che compie, recita dodici diversi copioni ciascuno dedicato a un diverso movimento artistico e composto da un collage di manifesti.
I personaggi, ad eccezione di uno, sono tutti femminili (una scelta, nelle parole di Rosefeldt, nata per contrastare lo spirito maschile dei manifesti la maggior parte dei quali sono scritti da uomini). Le figure femminili però, sono molto diverse tra loro e la maestria con la quale Cate Blanchett passa dall’una all’altra, è prova inconfutabile della bravura e della versatilità dell’attrice.
Il senzatetto – unico personaggio maschile – che vagabonda tra le rovine di un grande impianto industriale sbraita manifesti surrealisti, così come l’agente di cambio, dall’immensa sala della borsa, oppure l’operaia di un inceneritore di rifiuti, che evoca le visioni estreme dell’avanguardia architettonica. Un’amministratrice delegata, prendendo la parola a un party, sostiene le teorie del Vorticismo, del Cavaliere azzurro e dell’Espressionismo astratto; una punk alterata rimugina tra sé di Stridentismo e Creazionismo, mentre la scienziata, approdata nella sala anecoica di un laboratorio hi-tech, partecipa i programmi di suprematisti e costruttivisti. L’oratrice a un funerale discetta sulla morte, sul niente, sul non senso di DADA e la burattinaia che fabbrica il suo alter ego si rivela surrealista e spazialista. In un’altro filmato c’è una madre, raccolta la famiglia intorno al desco, recita, come una preghiera, le intenzioni trash di un artista pop, in un’altro filmato una severa coreografa urla al suo corpo di ballo le parole di quanti hanno teorizzato Fluxus, Merz e gli happening. Una cronista televisiva e il suo doppio, una finta corrispondente, annuncia Arte concettuale e Minimalismo; infine una maestra elementare consegna ai suoi giovani allievi i precetti del nuovo cinema.
Il rapporto tra la trama del film e il collage di manifesti non è sempre lo stesso, il visitatore è invitato ogni volta a indagarlo e l’opera, che nel suo insieme genera domande più che offrire soluzioni, è immersa nelle intenzioni urlate dei singoli manifesti citati e nelle loro categoriche prese di posizione.
Il significato di questo accurato, splendido lavoro di ricerca e di suggestione sulla storia dei manifesti del ‘900, è di mettere in rapporto i discorsi spinti oltre i “confini estremi della logica” della maggior parte dei manifesti, scritti da autori “giovani e forti”, “aggressivi”, “energici” e “temerari” (pronti ad abbandonare il passato come una carogna e ignorare il futuro per vivere nel presente) con la vita di tutti i giorni di un senzacasa, di una casalinga, di una operaia o di una insegnante … Colpisce un senso di nitidezza, trasmesso dall’accuratezza della ricerca storica e dall’originalità della regia, mentre la pratica della citazione passa in secondo piano rispetto a quella della riscrittura, suggerendo nuove sviluppi rispetto alla cultura postmoderna e ai modi della post produzione.
La mostra al Palazzo delle Esposizioni, è accompagnata da un catalogo in lingua inglese edito da Koenig Books con i testi di Burcu Dogramanci, Anna-Catharina con Udo Kittelmann e Reinhard Spieler, con l’intervista di Sarah Tutton e Justin Paton all’artista e con la trascrizione dei collage di manifesti.
Manifesto è un’opera, scritta, diretta e prodotta da Julian Rosefeldt. È stata commissionata dall’ACMI – Australian Centre for the Moving Image di Melbourne, l’Art Gallery of New South Wales di Sydney, dalla Nationalgalerie – Staatliche Museen zu Berlin e dallo Sprengel Museum di Hanover; co-prodotta da Burger Collection Hong Kong e Ruhrtriennale e realizzata grazie al generoso sostegno di Medienboard Berlin-Brandenburg e in cooperazione con Bayerischer Rundfunk.
Nato a Monaco nel 1965, Julian Rosefeldt ha studiato architettura a Monaco e a Barcellona. Dal 2011 è docente di Digital and Time-based Media all’Accademia di Belle Arti di Monaco. Residente a Berlino, l’artista è rinomato in ambito internazionale per l’opulenza visiva delle sue opere filmiche meticolosamente coreografate, spesso presentate come complesse installazioni multi-schermo. Traendo ispirazione in egual misura dalla storia del cinema, dalla storia dell’arte e dalla cultura pop contemporanea, Rosefeldt utilizza il lessico cinematografico che ci è più familiare per condurci in una dimensione teatrale e surreale, popolata da personaggi affaccendati nel loro tran tran quotidiano che ci seducono con satira e umorismo, rendendo bizzarri mondi che ci dovrebbero essere familiari. Le opere di Julian Rosefeldt sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private, tra cui il MoMA –Museum of Modern Art di New York, la Burger Collection di Hong Kong, lo Sprengel Museum di Hannover e la Nationalgalerie di Berlino. Attualmente è borsista all’Accademia Tedesca a Roma – Villa Massimo.
Informazioni e prenotazioni: Singoli, gruppi e laboratori d’arte tel. 06 39967500; www.palazzoesposizioni.it
In occasione della mostra saranno visibili anche Julian Rosefeldt | video e film – sabato 2, 9, 16 e 23 marzo 2019, ore 17.00 Palazzo delle Esposizioni – Sala Cinema
INGRESSO LIBERO FINO A ESAURIMENTO POSTI