Continua la strana e misteriosa morìa di delfini nel Tirreno. Dall’inizio dell’anno, oltre quaranta esemplari sono stati trovati morti. All’origine della strage sembra ci sia un virus.
L’ultimo è stato individuato qualche giorno fa nei pressi della darsena dei pescherecci del porto di Civitavecchia, alle prime luci dell’alba di mercoledì: si trattava di un cucciolo di delfino femmina, affamato e debilitato che, soccorso immediatamente dai mezzi della Guardia Costiera, è deceduto poco dopo.
Alle operazioni di recupero, inizialmente finalizzate a restituire la piccola ai propri simili al largo, hanno assistito decine di persone e curiosi, mentre pare che il branco di stenelle di cui faceva parte osservasse da lontano, quasi (forse) a sperare che per la compagna ci fosse ancora uno spiraglio di salvezza (e non sarebbe la prima volta che i delfini stupiscono per i propri comportamenti sociali).
Il mammifero, in evidente stato di sofferenza, è stato prima circondato con dei sistemi di reti per essere prelevato; successivamente le sono stati somministrati farmaci e cure che, purtroppo, non sono serviti a salvarle la vita.
La piccola (meno di un metro e mezzo di lunghezza) aveva appena finito lo svezzamento; era debilitata, non mangiava da giorni a causa delle malattie che le impedivano probabilmente di assumere alimenti, aveva ferite su tutto il corpo ed era infestata dai parassiti. I biologi non escludono che potesse essere la figlia di una delle delfine trovate morte nei giorni scorsi.
Il caso del delfino di Civitavecchia, infatti, è il quarantacinquesimo accertato dall’inizio dell’anno, ossia in appena due mesi: se si considera che, in media, di spiaggiamenti sulle baie del Mar Tirreno se ne verificano quattro ogni anno, si intuisce come si abbia la sensazione di stare assistendo ad una vera e propria strage di stenelle striate (nome scientifico: Stenella coeruleoalba).
L’ipotesi più probabile, che momentaneamente dovrebbe essere al vaglio del Ministero dell’Ambiente, è che un’infezione batterica si stia diffondendo nelle colonie, causando i decessi: lo stesso cadavere della cucciola giunta nel porto laziale, analizzato presso i laboratori dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentali delle Regioni Lazio e Toscana, ha fornito delle risposte in merito.
In molte carcasse sono state rinvenute tracce di un batterio, photobacterium damselae, che normalmente causa la mortalità di molte creature del mare, attraverso infezioni che danneggiano gli organi interni; un delfino colpito dal batterio mostrerà come sintomi più esterni lesioni e inscurimento della pelle e malnutrizione. Per tale ragione, obiettivo dei ricercatori nei prossimi giorni sarà cercare di stabilire in che misura sia presente e responsabile il batterio e, eventualmente, quale potrebbe essere il vettore che ne ha favorito la diffusione: prime imputate, comprensibilmente, sono le alghe ma è ancora troppo presto per stabilire che strada prenderanno le indagini.
Attesi anche i dati provenienti dagli altri Paesi che affacciano sul Mediterraneo, Spagna e Francia in primo luogo, corredati da informazioni meteorologiche ed inerenti le correnti marine: il tutto, nel tentativo di riuscire a ricostruire un quadro complessivo della situazione augurandosi che, nel frattempo, le perdite non continuino a moltiplicarsi.