Il 15 ottobre 1964 muore Cole Porter, uno dei tre principali artefici della definitiva e decisiva contaminazione del musical bianco con il folk nero. Gli altri due sono George Gershwin e Irving Berlin.
Uno dei più grandi compositori del Novecento
Cole Porter è uno dei più grandi compositori del Novecento creatore di circa mille e quattrocento brani, una trentina dei quali destinati all’immortalità. Non è un soltanto compositore jazz, come frettolosamente viene spesso definito. La sua formazione scolastica racconta di un diploma alla Harvard School Of Music e di un perfezionamento in composizione a Parigi alla corte di Vincent D’Indy. È un grande compositore di musica leggera capace di saldare nel suo lavoro le pulsioni di un’epoca mescolando come un sapiente alchimista la tradizione bianca con quella nera. Proprio questa capacità di muoversi con grazia sulla linea di confine tra i generi fa di lui (e di Gershwin o Berlin) un anticipatore illuminato di ciò che avverrà nella musica della seconda metà del Novecento. Ed è per queste sue caratteristiche che il jazz si appropria di una parte consistente dei suoi lavori, li rimastica e ne illumina i lati oscuri portando nuove sfumature al suo monumento.
La sua musica non cessa di stupire
Cole Porter è un genio più di quanto i suoi contemporanei possano intuire. Per questa ragione a più di cinquant’anni dalla sua morte riesce ancora a influenzare nuove generazioni di artisti lontanissimi dalle sue corde. Basta ascoltare “Red hot and blue”, un disco-tributo realizzato nel 1990 per raccogliere fondi da destinare alla ricerca contro l’AIDS, per rendersi conto della capacità mutagena dei suoi brani affidati a interpreti come Iggy Pop, Annie Lennox, Tom Waits, gli U2, Lisa Stanfield o l’ex Shalamar Jody Watley. Da anni le sue opere, d’altronde, entrano ed escono dalla musica internazionale, attraversando e accompagnando le evoluzioni e le mode come serpentelli che si rinnovano cambiando la pelle. Everything But The Girl, Simply Red, Harpers Bizarre e Carly Simon, solo per citare i primi quattro nomi che mi vengono in mente, hanno suoi brani nel repertorio, mentre i Deee-Lite, uno dei fenomeni dance degli anni Novanta prendono in prestito il loro nome dalla canzone It’s De-Lovely.