«Il nuovo rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) dimostra che se i governi continueranno a lasciare completa libertà di scelta all’industria fossile, perderemo tutte e tutti. L’autoregolamentazione dell’industria porta a un disastro collettivo, è arrivato il momento della resa dei conti: durante la COP28, i governi avranno l’occasione di dichiarare la fine dell’era dei combustibili fossili in modo equo e rapido», dichiara Kaisa Kosonen, Policy Coordinator per Greenpeace International, commentando l’ultimo lavoro dell’IEA uscito nelle ultime ore.
«Ogni nuovo progetto fossile viola il limite dell’aumento medio della temperatura globale di 1,5 gradi centigradi previsto dall’Accordo di Parigi», continua Kosonen. «Quindi, chi ha firmato l’Accordo deve smettere di aprire nuovi giacimenti di petrolio e gas, nuove centrali a carbone e avviare la transizione verso l’energia pulita e rinnovabile. Non è complesso, serve solo scegliere concretamente di farlo. Coloro che hanno inquinato e tratto i maggiori profitti devono essere responsabilizzati e sostenere finanziariamente le persone, le comunità e i Paesi più vulnerabili nella loro transizione verso l’energia pulita e rinnovabile».
Secondo Greenpeace, per l’industria del petrolio e del gas è arrivato il momento della resa dei conti. La finta transizione che il settore sta perpetuando, con false soluzioni come la cattura del carbonio e le compensazioni forestali, non inganna più nessuno. Allinearsi all’Accordo di Parigi significa aumentare le soluzioni di energia rinnovabile e ridurre le operazioni di estrazione del petrolio e del gas, un messaggio che deve arrivare chiaramente dai governi durante la COP28.
«L’Agenzia Internazionale dell’Energia afferma che i produttori che cercano di allinearsi agli obiettivi dell’Accordo di Parigi dovrebbero destinare il 50% delle loro spese in conto capitale a progetti di energia pulita entro il 2030. Una direzione che, passando all’Italia, ENI non sembra voler seguire, dato che i suoi piani, infarciti di false soluzioni come il CCS, vanno in direzione diametralmente opposta rispetto a queste raccomandazioni», dichiara Simona Abbate della Clima ed energia di Greenpeace Italia. «Per costringere l’azienda italiana a rivedere la sua strategia industriale per rispettare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, lo scorso 9 maggio insieme a ReCommon e dodici cittadine e cittadini italiani abbiamo presentato una causa civile nei confronti di ENI. La causa è stata presentata anche contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze e contro Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., in quanto azionisti rilevanti di ENI».