La Conferenza Onu di Parigi ha raggiunto un accordo per il clima. Un accordo storico per molti, un accordo a metà per gli scienziati e le Ong che avvertono: occorreva fare molto di più.
Clima, accordo storico e ambiguo
Eppure, comunque, dopo anni di negoziati, è stato approvato in un tripudio di applausi quell’accordo che serve per fermare il surriscaldamento del Pianeta. “Questo accordo – ha sottolineato anche il presidente Francois Hollande – vale per un secolo”.
I motivi di plauso sono tanti così come sono altrettanto evidenti le perplessità degli scienziati e delle organizzazioni internazionali. L’intesa diventa “giuridicamente vincolante” soprattutto nella “dichiarazione dei contributi nazionali” con la verifica quinquennla e l’aggiornamento oltre che per tutti i necessari meccanismi di trasparenza. Insomma, come ha commentato anche Renzi, si tratta di un “passo avanti decisivo”. Anche se lo stesso Obama tentenna e se in molti, come detto, parlano di “accordo storico”, lo stesso presidente americano preferisce parlarne come di un “risultato” anche se enorme frutto anche della leadership a stelle e strisce. “Questo – ha sottolineato anche il ministro dell’Ambiente lussemburghese Carole Dieschbourg, in rappresentanza della presidenza dell’Ue – è il successo dell’Europa, di tutti i Paesi coinvolti nel processo, della società civile e di tutti quelli che ci hanno aiutato ad arrivare a questo accordo ambizioso, vincolante e giusto”.
Clima, l’accordo ha raggiunto un consenso generale
In sostanza questa volta la novità è rappresentata dal fatto che si tratta di un accordo che ha raccolto un consenso quasi generale anche da parte di chi, come Cina e India, sono considerati i grandi inquinatori del Pianeta.
Ma questo fa capire come proprio sui contenuti ci siano delle enormi perplessità espresse appunto dalle Organizzazioni internazionali.
La soglia per il riscaldamento globale è fissata “ben al di sotto dei 2 gradi” e prevede anche un impegno a “fare sforzi per limitare l’aumento a 1,5”, in linea con le richieste degli Stati insulari. Sulla riduzione delle emissioni di Co2 si accontentano i Paesi produttori, a cominciare proprio dall’Arabia Saudita.
Clima, un testo con tanti punti non chiari
Il testo, poi, non parla di “neutralità carbonica”, ma di “equilibrio fra emissioni da attività umane e rimozioni di gas serra”, e non fissa alcun traguardo preciso, limitandosi ad imporre alcuni diktat come di “raggiungere il picco il più presto possibile” e poi accelerare per arrivare all’equilibrio “nella seconda metà di questo secolo”.
Clima, di energie pulite non se ne parla
Di energie pulite se ne parla poco o nulla. Così come per i finanziamenti ai Paesi sviluppati viene ribadito l’obbligo di aiutare quelli sottosviluppati per arrivare a finanziare di 100 miliardi di dollari chi non è in grado di agire sulla transizione verso le energie pulite da qui al 2020. Ma come non è ancora chiaro. Spariscono tanti vincoli come per la suddivisione dei fondi tra mitigazione ed adattamento così come si tratta di un accordo che si limita ad allargare la lista dei Paesi donatori ma quasi come atto di volontariato. Mentre il nodo che lascia tutti più delusi riguarda proprio i fondi ai Paesi più vulnerabili per far fronte ai cambiamenti del clima. La “vittoria enorme” di ottenere un articolo specifico dedicato a questo tema viene ridimensionata, secondo le Ong del Climate Action Network, da un meccanismo che non dà alcuna “garanzia di assistenza” ai più colpiti. Così come non si fornisce un chiaro dettame sulle responsabilità giuridiche o di compensazione verso chi inquina. Insomma l’accordo sul clima c’è, ma si tratta di un accordo ambiguo e a metà.