Home C'era una volta Cliff Jackson¸ fedele allo stile

Cliff Jackson¸ fedele allo stile

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Il 24 maggio 1970 muore a New York il pianista Cliff Jackson, il cui vero nome è Clifton Luther Jackson.

Tipico esponente della scuola di New York

Nato a Washington il 19 luglio 1902 è considerato un tipico pianista della scuola newyorchese cui appartennero Fats Waller e soprattutto James P. Johnson. Cliff Jackson ha vissuto con molta intensità la stagione pionieristica e quella di mezzo del jazz, sempre rimanendo fedele al suo stile, che può sintetizzarsi in una grande foga interpretativa, resa ancora più possente dal gioco abile e vigoroso della mano sinistra con cui era in grado di fornire dei bassi molto mobili e variati. Tale capacità di incidere profondamente sui gruppi presso i quali suonava trovò vasta e concreta realizzazione fin dall’avvio, quando, trasferitosi a New York nel 1924, iniziò ad accompagnare le cantanti di blues, alternando questo lavoro a quello solistico o in piccoli gruppi che amavano esibirsi nei club di Harlem, particolarmente al Lenox che sorgeva sulla grande arteria di scorrimento del ghetto nero.

Uno dei pianisti più richiesti

Dagli anni Quaranta in poi Cliff diventa uno dei pianisti più richiesti dai gruppi misti di bianchi e di neri che si esibiscono nei concerti e nei locali, concentrandosi soprattutto sull’elaborazione di una sorta di saldatura fra il vecchio e il nuovo che viene chiamato “stile dixieland”. Suona cosi al Nick’s Club con Sidney Bechet, e poi al Café Society nel Downtown, con Eddie Condon, Garvin Bushell, Higginbotham, Joe Thomas e Tony Parenti con il quale resta parecchi anni al Jimmy Ryan’s, il locale newyorchese più famoso, punto di riferimento del jazz tradizionale. Le sue esibizioni pianistiche, Wolverine Blues e Honeysuckle Rose del 1969 vengono inserite nel film di Louis Panassié “L’aventure du jazz”, che uscirà nelle sale nel 1972, due anni dopo la sua morte.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".