Il 20 aprile 1992 ottantamila persone nello stadio di Wembley e oltre cinquecento milioni di telespettatori in settanta paesi di tutto il mondo ricordano Freddie Mercury, il cantante dei Queen ucciso dall’AIDS.
Per la prima volta c’è anche il Sudafrica
Non era mai successo fino a quel momento che settanta nazioni diverse vivessero in contemporanea un avvenimento musicale. Per la prima volta c’è anche il Sudafrica, uscito dal lungo tunnel dell’apartheid. “A concert for life – Tribute to Freddie Mercury” entra di diritto nella lista dei più grandi avvenimenti della storia del rock. Non si tratta di un evento commerciale. I proventi del concerto sono, infatti, destinati a finanziare la ricerca contro l’AIDS. Cinque giorni prima, per dare l’esempio, i Queen hanno donato a un’associazione che assiste i malati terminali un milione e settecento sessantamila dollari: l’intera cifra ricavata dalla ripubblicazione del brano Bohemian rhapsody. L’organizzazione del concerto non è stata facile, ma la volontà di onorare nel miglior modo l’amico scomparso prevale sulle difficoltà logistiche e sulle perplessità dei media.
Una guerra contro un nemico implacabile
La vera anima dell’evento è da ricercare nel gruppo di personaggi del mondo dello spettacolo da anni impegnati su questo fronte e che hanno un’agguerrita testimonial nell’attrice Elizabeth Taylor. «La nostra è una guerra contro un nemico implacabile. Non c’è tempo per le incertezze né per le giustificazioni: chi non c’è è un disertore». Per questo sul palco allestito nello stadio di Wembley sfila l’élite della musica pop internazionale di quel periodo, dai Metallica agli Extreme, dall’ideatore di Live Aid Bob Geldof agli Spinal Tap, dai Def Leppard ai Guns N’ Roses, dall’italiano Zucchero agli irlandesi U2 in collegamento via satellite da Sacramento in California. Particolarmente emozionanti sono le esecuzioni delle canzoni di Freddie Mercury da parte di una lunga serie di amici, a partire da George Michael che canta Year of 39 da solo, These are days of our lives con Lisa Stanfield e Somebody to love insieme al London Community Gospel Choir. David Bowie esegue Under pressure in coppia con Annie Lennox mentre Elton John dedica all’amico scomparso le commoventi versioni di Bohemian rhapsody con l’aiuto di Axl Rose e, soprattutto, di The show must go on, il brano che i Queen avevano giurato di non eseguire più dopo la morte del loro leader. Alla fine della lunga performance collettiva tutti gli artisti salgono sul palco per accompagnare un’emozionatissima Liza Minnelli in We are the champions.