Lorenza De Carolis è una ricercatrice italiana che lavora in Cina da circa quattro anni. Classe 1981, Lorenza è laureata in chimica farmaceutica ed ha
Lorenza, a Pechino le emissioni inquinanti, secondo le autorità meteorologiche della città, hanno superato di 20 volte il livello fissato dall’Onu.
Beh, diciamo che i valori, in realtà, vanno molto oltre.
Ben oltre 20 volte?
Assolutamente sì. Quando tocchiamo i 700 siamo fuori scala.
Tu che conosci bene questa grande città, come vivono i pechinesi questa situazione?
Fondamentalmente il pechinese si cura relativamente. Adesso, da quando le norme sono diventate più rigide, le autorità cinesi hanno imposto delle limitazioni, per esempio le targhe alterne. Qualche settimana fa, quando sono stati raggiunti dei livelli incredibili, hanno anche chiuso le scuole. Livelli incredibili significa che non si vede un palazzo a distanza di 50 metri. Le norme sono state applicate in modo drastico soltanto di recente, proprio perché sono stati raggiunti livelli veramente indecenti. Il pechinese, di per sé, se ne preoccupa poco. Non indossa neanche le maschere. Le indossano soltanto i giovani, gli universitari, le persone che conoscono il problema. Mentre gli anziani, che sono tantissimi rispetto al totale della popolazione, non si interessano di questo. Il problema dell’inquinamento atmosferico non è generato tanto dagli autoveicoli quanto piuttosto dalle fabbriche a carbone che circondano la città. Fabbriche che sono perennemente in funzione.
Perché la città è in pieno sviluppo industriale.
Esattamente. Da un aereo è possibile vedere chiaramente questi grandissimi inceneritori, queste ciminiere giganti che immettono fumi nella città a qualunque ora del giorno. E’ proprio una situazione invivibile.
Le autorità locali come tenteranno di attenuare questa enorme cappa di fumo che ha invaso la città?
Non a caso alla Cop21 la Cina ha assunto “obblighi commisurati alle sue condizioni, al suo sviluppo e alle sue capacità”. Secondo te il gigante asiatico è in grado mantenere l’impegno di ridurre le sue emissioni inquinanti?
Attualmente l’impegno nel quotidiano non si vede. Qui il cielo si è visto quando è arrivato il presidente americano e, successivamente, durante la visita di quello russo. Tutti facevano ironia quando si usciva dagli uffici perché si vedeva un cielo blu mistico che è durato tre giorni. Poi, improvvisamente, è tornato tutto come prima. Ricordo che nel mese di luglio dello scorso anno il sole non si è visto per 31 giorni. Mai. Nonostante gli edifici, soprattutto quelli degli stranieri, siano dotati di filtri per l’aria, non c’è uno sforzo notevole per far fronte al problema. Ti faccio un altro esempio: io sono l’unica straniera in un ufficio di cinesi. Il cinese, normalmente, apre la finestra. Questo significa che non è cosciente. Io, lo scorso anno, sono stata male due volte in due mesi.
Tu personalmente come ti difendi?
Io ricorro alle maschere di silicone dotate di filtri speciali. Quelle che costano un po’ di più. Spendo di più però ho la certezza che funzioni. Molti cinesi usano quelle classiche di carta che, fondamentalmente, non servono a niente perché la pelle e i capelli assorbono lo stesso. Io l’ho provato su di me. Quindi secchezza, disidratazione, lavaggi continui tendono solo a peggiorare le cose, non a migliorarle. Nei giorni di smog pieno bisogna tenersi letteralmente tombati all’interno di un ambiente chiuso. Non è possibile fare attività all’aperto. Non è possibile andare a correre. Bisogna stare il meno possibile al di fuori degli edifici.
E dal punto di vista salutistico cosa stai notando?
Che aumenta l’incidenza di malattie cardiovascolari e polmonari. C’è un aumento dei casi di tubercolosi e asma.
Anche nel tuo ufficio stai notando gli effetti dell’inquinamento atmosferico?
Sì. C’è anche il problema che il cinese nella media è un accanito fumatore. E quindi non si cura doppiamente dello smog. Proprio perché di base lui fuma. Quindi diciamo che c’è un’incidenza tale di malattie polmonari che in realtà si collega con l’accanimento tabagistico aggravato dallo smog ambientale. Non a caso il primo giugno scorso è entrata in vigore la legge che vieta di fumare nei locali pubblici.
Oggi vediamo queste immagini di Pechino inghiottita dal traffico automobilistico. Anni fa si vedeva un’immagine diversa: folle di cinesi che giravano in bicicletta. Lo sviluppo economico impetuoso della Cina ha cancellato definitivamente le abitudini di un tempo?
La risposta è sì all’80 per cento. Il cinese giovane ha abbandonato la bicicletta e utilizza soltanto l’automobile. Non i motorini. Il motorino, in particolare quello elettrico, lo utilizza prevalentemente lo studente universitario: perché il traffico è talmente incredibile che è possibile impiegare anche un’ora e mezzo per fare soltanto 800 metri. Dal terzo anello fino alla città proibita, parliamo di tutto il centro pechinese. Nelle ore di punta il traffico è perennemente bloccato. In tutti i sensi di marcia, in tutte le corsie. La bicicletta è drammaticamente sparita da circa una decina d’anni. Le persone che vivevano a Pechino più di dieci anni fa vivevano la città con le bici. Poi c’è stato questo boom automobilistico. E i cinesi mediamente ricchi comprano cash la Bmw, che per loro è una utilitaria. Parliamo di grandissime cilindrate. Non esistono macchine piccole. Non esistono macchine elettriche.
E dal punto di vista alimentare le abitudini sono cambiate o sono rimaste le stesse?
No. Il cinese di Pechino non le cambia. Mentre lo straniero va a cercare i vegetali, la frutta o cibi freschi nei supermercati internazionali che vendono prodotti di importazione. Io per quel che mi riguarda, non ho più comprato frutta e verdure prodotte a livello locale da quando, ad agosto dello scorso anno, c’è stata l’esplosione di una fabbrica di materiali plastici a Tianjin. La fabbrica si trova sul mare a circa 150 km da Pechino, in una località ricca di industrie. Le cause di questa esplosione ancora non sono note, ma il problema grave è che sono stati immessi nell’aria acido prussico e nitrati molto tossici che mescolandosi con l’acqua piovana tendono a precipitare, e una volta a contatto con la pelle producono danni alla pelle stessa e malattie polmonari.
Il cinese non è istruito in maniera globale al rispetto dell’ambiente. Anche nel parco butta per terra carte, plastiche e cicche di sigarette. I mozziconi sono ovunque. C’è la tendenza a tenere puliti gli ambienti pubblici, perché i cinesi sono talmente tanti che il governo mette a disposizione la manovalanza anche di persone avanti con gli anni per contribuire alla causa. Ma di per sé, il cinese, quello che non va all’estero, non è sufficientemente educato. Quello invece un po’ più educato sì, tende ad avere i filtri dell’aria nelle case. Però il problema è che non è nella loro indole. Quindi anche nei grandi alberghi è difficile che l’igiene sia posta sotto attenzione – parliamo degli alberghi cinesi perché quelli internazionali sono al top del decoro –. Manca proprio una educazione ambientale.
Tu cosa speri in cuor tuo?
Ma, guarda, io purtroppo la speranza l’ho lasciata morire. Perché penso che realisticamente ci vorranno almeno altre due generazioni per correggere questa ineducazione di oggi e per poter creare una vera e propria educazione al rispetto dell’ambiente. Ad oggi loro non sono in grado di poter contribuire alla salvezza del loro ambiente. Non ci sono piante verdi per le strade. Il che è assurdo e si scontra con tutto quello che un paese come la Cina può offrire.
Ma questo stimola la tua permanenza?
A marzo ritorno in Cina e vado verso Shangai e Hong Kong: lì c’è il mare e l’inquinamento è minore.
Buon ritorno in Cina allora!