Home C'era una volta Chuck Wayne, il chitarrista che bruciò il mandolino

Chuck Wayne, il chitarrista che bruciò il mandolino

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Il 27 febbraio 1923 nasce a New York il chitarrista Chuck Wayne. Figlio di un mobiliere cecoslovacco il suo vero nome è Charles Jagelka.

Gli inizia al mandolino

Comincia a interessarsi di strumenti a corda suonando il mandolino che impara da autodidatta. La leggenda racconta che sarebbe passato alla chitarra dopo la deformazione del legno del suo mandolino finito poi bruciato in un forno. Per lungo tempo la musica resta un hobby da praticare nel tempo lasciato libero dal lavoro. Nel 1941 ottiene finalmente la prima vera scrittura professionale prima con Clarence Profit e poi con Nat Jaffe. Nel febbraio del 1942 è costretto a interrompere la carriera perchè richiamato alle armi. Due anni più tardi, congedato, entra nella formazione di Joe Marsala, con il quale si esibisce alla Hickory House fino al 1946. Nei due anni seguenti suona in varie orchestre compresa quella di Woody Herman.

Anni di lavoro e studio

Nel 1947 suona nel quartetto di Phil Moore, nel 1948 è nel trio di Barbara Carroll e nell’orchestra di Alvy West. Dal 1948 al 1952 l’ingaggio nel quintetto di George Shearing, gli dà modo di farsi conoscere in tutto il mondo jazzistico, sia dal vivo che attraverso le incisioni. Negli anni Cinquanta Wayne, oltre a dar vita a un proprio gruppo, accompagna anche il cantante Tony Bennett. Negli anni Sessanta entra nell’orchestra della CBS e, salvo qualche rara apparizione in trio, scompare dalla scena. Sono anni intensi di lavoro e di studio. Riappare in gran forma nel 1973 quando dà vita a un duo chitarristico con Joe Puma. Da quel momento resta uno dei chitarristi più popolari della scena jazz per le sue qualità sia tecniche che creative. Wayne suona con grande abilità anche il banjo e riesce, ad esempio in Tapestry, a piegare lo strumento alle esigenze jazzistiche. Muore il 29 luglio 1997.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".