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Charles Lindbergh, il lungo volo dell’aquila solitaria

La mattina del 20 maggio 1927 inizia la più popolare avventura di Charles Lindbergh, un pilota che la stampa popolare statunitense chiama Lone Eagle, l’aquila solitaria.

Daredevil, lo spericolato

Nato il 4 febbraio 1902 a Detroit nel Michigan in una famiglia benestante di origine svedese il ragazzone abbandona gli studi di ingegneria per dedicarsi al volo. Si iscrive a un corso accelerato che gli garantisce di poter volare dopo soltanto otto ore di lezione per la tutt’altro che modica cifra di cinquecento dollari. Partecipa al corso ma non può volare perché quando arriva il momento del primo decollo non ha i soldi per pagarsi l’assicurazione. Allora spende gli ultimi dollari rimasti per comperarsi un paracadute e va nel Midwest a lanciarsi nel vuoto da aeroplani pilotati da altri nelle feste di paese. Il suo nome d’arte è Daredevil. Mette da parte un piccolo gruzzolo e, con l’aggiunta del denaro ricavato dalla vendita della motocicletta e qualche soldo recuperato dal padre compera un vecchio biplano Curtiss con il quale termina da autodidatta il corso di pilotaggio. Nel 1924 si arruola nell’aviazione statunitense per beneficiare, gratuitamente, di un addestramento professionale e termina il periodo di ferma nella Guardia Nazionale. Nel mese di marzo del 1925 inizia a pilotare gli aerei postali di medio raggio che operano su una distanza massima di cinquecento chilometri. Proprio in questo periodo legge l’annuncio di un premio di 25.000 dollari messo in palio dall’uomo d’affari Raymond Orteig per chi attraverserà l’Atlantico da solo tra New York e Parigi o viceversa. Non si tratta di un’impresa nuova, altri hanno attraversato l’Atlantico, ma nessuno con le regole stabilite da Orteig: da solo, senza scalo, con un aereo non idrovolante e sull’Atlantico del Nord. Lindbergh comincia a pensarci seriamente nel settembre del 1926 dopo il fallimento del tentativo del francese Réné Fonck.

Un salto verso Parigi

Pur avendo alle spalle meno di 2.000 ore di volo il ragazzo inizia a cercare i soldi necessari alla realizzazione di un aereo adatto. Investe i suoi risparmi (2.000 dollari) e ne ottiene altri 13.000 da amici e sostenitori. La cifra raccolta è insufficiente per un trimotore. Non gli resta pertanto che lavorare su un monorotore. Due aziende, la Bellanca e la Travel Air gli rispondono picche. L’unica disponibile a lavorare sulle sue idee è la Ryan che affida all’ing. Donald Hall il compito di trasformare il suo M-2 in quello lui ha già ribattezzato Spirit Of Saint Louis. Lindbergh ha fretta perché sa che, passata la primavera, concorrenti più facoltosi e attrezzati di lui, si stanno preparando a stabilire il record. Alla fine l’aereo è pronto. Non è proprio un gioiello. La visibilità è insufficiente e la strumentazione di bordo inesistente, ma ha un serbatoio capace di 1.700 litri di carburante, una quantità teoricamente eccessiva. Non c’è neppure la radio e gli unici strumenti di cui dispone sono un orologio, due bussole e quattro carte tematiche. Così combinato Lindbergh e il suo Spirit Of Saint Louis decollano da New York alle 7.25 del 20 maggio 1927. La rotta prevede il sorvolo della Nuova Scozia, dell’Irlanda e poi un lungo salto verso Sud in direzione Parigi. Alle 22.22 del 21 maggio lo Spirit of St. Louis atterra a Parigi-Le Bourget.

 

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