Dailygreen

Cerro Colorado, l’altro lato dell’Argentina verde

Cerro Colorado

Se si attraversa l’Oceano alla scoperta dell’Argentina, e si ha la possibilità anche di fare una tappa a Córdoba per un paio di giorni, non si può perdere l’occasione di visitare la bellissima Riserva Naturale e Culturale Cerro Colorado.

Un tuffo nella natura e nella storia

Situato ad appena 168 km dalla seconda città più grande del Paese, il luogo, che sorge proprio tra i dipartimenti Sobremonte, Rio Seco e Tulumba, è un tuffo nella natura, tra sfumature di colori e ricche testimonianze umane di un storia millenaria. La sua denominazione è dovuta, infatti, alle caratteristiche della geologia delle rocce sedimentarie, tendenti al colore rossastro per la forte presenza di ferro. La Riserva Cerro Colorado si caratterizza per i suoi dipinti pittografici di valore, testimonianze ancora intatte dell’uomo di millenni fa e oggi ancora osservabili sulle pareti di diverse colline che formano l’insieme: Cerro Veladero, Colorado, IntiHuasi, Condorhuasi, La Mesada e Muñuño o Ulloa.

L’arte rupestre della Riserva Cerro Colorado

I dipinti, dislocati in tre aree principali, nascevano sulla spinta di un’ideologia di carattere magico-religioso (e non per scopi decorativi). Figure pittografiche dalle sembianze umane, mammiferi, uccelli, insetti, rettili, disegni geometrici e strani animali domestici s’intrecciano tra i colori del nero, del bianco e soprattutto del rosso ocra. Il vento e l’umidità modellano le grotte di diverse forme e dimensioni e disegnano, tra i picchi, torrenti sui cui scorrono le acque che poi formano il fiume Los Tártagos.

Alla scoperta di resti archeologici e animali in via d’estinzione

La Riserva ha un interessante patrimonio floristico e faunistico, che secondo quanto emerge dalle raffigurazioni dei pittogrammi indigeni, era di maggiore biodiversità rispetto ad oggi. Ai giorni nostri è possibile imbattersi in lama, giaguari, tigri americane, condor ( in via d’estinzione), puma, volpi, lucertole e simpatici gufi.

I Comechingones erano gli aborigeni che vivevano nelle cave della zona. La grotta di Candonga fu abitata fin dai primi giorni della nostra epoca, ma sono ancora anteriori gli aborigeni di Ongamira e Osservatorio. I resti archeologici ritrovati, come punte in pietra, sono antichi di cinque millenni. Le loro case erano semi-sotterranee, scavate nella terra e ricoperte con legno o paglia. I Comechingones lavoravano la pietra e creavano asce, frecce, collane, cesti e reti.

Tra le note del poeta Atahualpa Yupanqui

Nella località si trova un museo archeologico provinciale, con un servizio di guida per l’accesso ai siti con pitture rupestri. Questo il paesaggio di Cerro Colorado, lo scenario dove il poeta, chitarrista e cantante Atahualpa Yupanqui, un portavoce per la terra e il suo folclore, costruì la sua casa, ora museo, anch’esso aperto al pubblico. A voi le sue note in Chacarera de las piedras: ‘No hay pago como mi pago, viva el Cerro Colorado”.

 

Exit mobile version