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Carlo Milanoli: “Gli imballaggi riutilizzabili vinceranno”

Imballaggi

Carlo Milanoli è nato a Milano nel 1958. Ingegnere elettrotecnico, ha lavorato per molti anni nel settore dell’elettrodomestico e si impegnato nella realizzazione di start-up in diverse parti del mondo. Ha contribuito alla nascita di EURepack, consorzio – di cui è presidente – finalizzato a diffondere e a radicare l’utilizzo degli imballaggi riutilizzabili. Un settore capace di produrre importanti benefici per l’ambiente sul piano della riduzione dei rifiuti e delle emissioni di CO2. Lo abbiamo intervistato al termine di una tavola rotonda tenutasi a Rimini, dal titolo I desaparecidos. E così risponde alle nostre domande.

 

Presidente Milanoli, lo scorso anno la Commissione europea ha dato il via libera al pacchetto sull’economia circolare. Un modello economico che prevede, fra l’altro, il riutilizzo dei materiali per uscire da un sistema basato sull’usa e getta. Voi come consorzio EURepack operate nel settore degli imballaggi riutilizzabili da ben prima dell’approvazione di questo importante provvedimento. Da quanti anni esattamente?

Il consorzio è stato fondato nel 2010 su iniziativa di aziende che lavoravano a vario titolo nel campo degli imballaggi riutilizzabili. Queste società si sono messe insieme sotto l’egida di questo consorzio in modo tale da avere una massa critica sufficiente, per avere voce in capitolo nelle decisioni prese dagli enti legislativi e normativi. L’obiettivo del consorzio è quello di tornare all’imballaggio riutilizzabile, vale a dire un imballaggio tenuto sempre sotto controllo e che alla fine della sua vita utile viene riciclato come nuovo imballaggio. I nostri schemi sono sostenibili ecologicamente, perché fanno risparmiare 150mila tonnellate di rifiuti all’anno e 150mila tonnellate di CO2 nell’atmosfera. Operiamo nell’ambito di un modello circolare perché i nostri imballi vengono utilizzati nell’arco di 10 anni, e la materia prima viene riciclata in nuovi imballi della stessa categoria. Si tratta, dunque, di un ciclo chiuso, a rifiuti zero. Ci chiediamo perché, in un momento nel quale si parla tanto di sostenibilità ambientale, di economia circolare, e in un momento in cui in Italia il problema dei rifiuti è arrivato ad un livello insostenibile, per quale motivo la nostra esperienza non è sulle prime pagine di tutti i giornali? Un po’ è colpa nostra, perché abbiamo sempre tenuto un profilo basso per non scontrarci con associazioni molto più forti della nostra che operano in favore degli imballaggi a perdere. Riciclabili quanto vuoi questi ultimi, ma pur sempre degli imballi che diventano dei rifiuti che vanno nella raccolta differenziata che, sappiamo, non è efficiente al 100 percento. E questi rifiuti, poi, devono essere riciclati in qualche maniera. Noi, invece, questi problemi non li abbiamo.

 

Secondo lei il cittadino italiano, oggi, quanto è consapevole dell’importanza degli imballaggi in plastica riutilizzabili?

Fino a ieri ero convinto che per il consumatore la cosa fosse indifferente. Che non sapesse nulla degli imballaggi riutilizzabili perché, effettivamente, non c’è informazione da parte di nessuno nei confronti del consumatore. Ma siamo stati smentiti da una ricerca, che abbiamo illustrato al nostro convegno, che è stata condotta da una società di marketing che opera nell’ambito del packaging canadese. Questa società lo scorso anno ha fatto un’indagine interpellando 2.200 persone di 11 paesi, fra cui l’Italia, tra Nord America ed Europa, da cui si evince che il 55 per cento degli intervistati in tutti i paesi, anche in Italia, sostengono che quando vanno al supermercato la frutta e la verdura presente nella cassetta riutilizzabile è più attrattiva di quella presente nelle cassette di cartone a perdere. Non solo. Ritengono, dal punto di vista percettivo, quindi senza avere nessun dato scientifico comprovante, che la frutta e la verdura contenuta nelle cassette riciclabili sia più fresca, più sana e più igienica di quella collocata nelle cassette di cartone. E una delle motivazioni per cui prediligono la cassetta in plastica è perché sanno che è riutilizzabile e favorisce la riduzione dei rifiuti. Dunque, il consumatore è molto più informato di quanto si possa pensare.

E’ possibile sostenere che sta prevalendo l’imballaggio riutilizzabile rispetto a quello a perdere? O è il contrario?

Oggi, per fare un esempio, l’automobile elettrica è ancora una nicchia. Ma sappiamo che nei prossimi 30 o 40 anni sostituirà l’auto a benzina. E’ un processo irreversibile. Allo stesso modo l’imballo riutilizzabile, ecologico e circolare, prima o poi sostituirà completamente l’imballo a perdere. Sappiamo che il tempo sarà più o meno lungo a seconda di quanto supporto avremo nell’“invadere” nuovi settori di mercato. E da questo punto di vista lamentiamo che non c’è un sostegno in questo senso. Mentre secondo noi dovrebbe esserci. Come detto, associazione di chi sostiene gli imballaggi in cartone è molto efficace sul piano della comunicazione e di questo non possiamo non tener conto.

Gli enti pubblici, lo Stato, le Regioni e la stessa Unione europea, favoriscono lo sviluppo di aziende o consorzi che sul mercato offrono prodotti e servizi green?

Diciamo che a livello di Unione europea la normativa c’è. A livello italiano la normativa c’è. Naturalmente la normativa va realizzata nella pratica.

Mi sta dicendo che non c’è l’applicazione delle norme?

Faccio un esempio concreto per essere chiari. Qual è il punto forte dell’imballaggio a perdere rispetto a quello riutilizzabile? L’imballaggio a perdere può arrivare fino in casa del consumatore che poi lo butta nel cassonetto della carta e la cosa finisce lì. Se gli arrivasse un imballo riutilizzabile il consumatore finale dovrebbe riportarlo in un punto di raccolta. Per esempio nel supermercato dove va a ritirarlo. Ecco, questo avverrebbe senza problemi se ci fosse un meccanismo basato sul deposito cauzionale. Che oggi non c’è. Negli anni Sessanta c’era. Si riportavano indietro le bottiglie vuote e si prendevano quelle piene. Poi questa abitudine è completamente scomparsa perché si è passati all’usa e getta. Oggi manca una politica finalizzata ad incentivare il consumatore. Se tu al consumatore gli dai anche un contentino la cosa si risolve. Ci vogliono delle agevolazioni da parte delle istituzioni, da parte di chi è preposto si deve favorire l’introduzione degli imballaggi riutilizzabili in tutte le filiere e in tutti i comparti, laddove questo è fattibile tecnicamente ed economicamente.

Ultima domanda: come deve essere, idealmente, il contenitore di plastica riutilizzabile per il consumatore finale?

Deve dare l’impressione che sia più igienico e più bello da vedere di quello a perdere. Un imballo in plastica pulito sembra, per il consumatore, garantire una migliore freschezza alla frutta e alla verdura. E sembra prevenire, più del cartone, la formazione di colonie di batteri e di germi che favoriscono il processo di marcescenza del prodotto. Da qui si capisce che, nonostante il silenzio che copre questo comparto, il consumatore si rende conto dei vantaggi. Vantaggi che esistono effettivamente: la cassetta in plastica quando è sanificata e lavata secondo le procedure standard, garantisce un rallentamento del processo di degradazione del prodotto rispetto all’uso di una cassetta in cartone.

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