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Cambiamento climatico ed obesità, esiste un legame

Dopo un anno di tempeste, siccità, inondazioni ed incendi, non c’è dubbio che il cambiamento climatico sta avendo un impatto sempre più drammatico sulle nostre vite. Spesso, però, il cambiamento climatico in atto ha un impatto molto meno visibile sulla nostra salute.

Gli effetti del cambiamento climatico sull’obesità

Sembra che il cambiamento climatico e, quindi, il suo effetto sulla produzione alimentare, potrebbe far aumentare esponenzialmente la crisi obesità negli Stati Uniti, come nelle altre zone ricche del mondo, e ad un livello completamente inaspettato.

Una serie di articoli pubblicati sul Journal of Public Health, affrontano proprio questo argomento e la fotografia che ne viene fuori è il risultato dei recenti studi sui legami tra prezzi dei prodotti alimentari, “insicurezza alimentare” e obesità.

L’insicurezza alimentare

Per la cronaca, l'”insicurezza alimentare” è diversa dalla “fame”. L’USDA la definisce come “un accesso limitato o incerto ad una alimentazione adeguata”  che ha coinvolto quasi il 15 per cento delle famiglie americane solo lo scorso anno e che non sempre si tramuta in “fame”, che è considerata invece una condizione fisiologica. A volte l’insicurezza alimentare ha un maggiore effetto psicologico in base al quale le persone prendono decisioni sbagliate su cosa e quanto mangiare quando si presenta la prospettiva di non poter accedere a sufficiente cibo.

Uno studio molto recente ha portato ad esaminare il legame tra insicurezza alimentare e clima: un team dell’Università di Washington guidato da Adam Drewnowski (epidemiologo), sta portando avanti grandi programmi in questo settore, esplorando le sfumature tra carenze alimentari e modelli di acquisto.

Preso in esame un gruppo rappresentativo di residenti di Seattle a vari gradi di livelli di reddito e di istruzione, è stato scoperto che il prezzo basso è stato il fattore che ha maggiormente guidato la scelta nell’acquisto dei generi alimentari. Di conseguenza, coloro che hanno effettuato acquisti presso i negozi a basso prezzo hanno mangiato peggio e sono andati incontro a tassi di obesità maggiormente elevati, rispetto a chi è stato invece attento anche alla qualità.

Nel frattempo, un gruppo di epidemiologi dell’Università di Minnesota hanno esaminato la relazione tra insicurezza alimentare e gli effetti che questa potrebbe avere sulle conseguenze future delle scelte alimentari. Hanno quindi osservato la dieta di un gruppo di abitanti in una riserva di nativi americani in Sud Dakota ed hanno nuovamente rilevato che maggiore è la mancanza di sicurezza maggiore diventa la probabilità che i residenti alimentino i loro figli in modo meno sano, con conseguenze devastanti sulla salute delle generazioni future.

Come tutto questo si riferisce ai cambiamenti climatici?

Tutto si riduce purtroppo alla scelta del minor prezzo disponibile. Drewnowski stesso ha spiegato in una delle ultime lettere stampate nel Journal of Public Heath :

Il prezzo del cibo è quindi quel meccanismo che porta dalla povertà all’obesità, quindi, soprattutto per i bassi redditi, la soluzione sta nel portare il cibo ad un giusto equilibrio tra costo e calorie.

Un aumento dei prezzi dei generi alimentari causati dai cambiamenti climatici porterà certamente a più alti tassi di obesità. I picchi dei prezzi alimentari osservati nel 2008 e di nuovo nel 2010, sono stati più elevati tra gli alimenti “sani”, in particolare frutta e verdura. Le attuali condizioni di siccità hanno danneggiato le colture e porteranno aumenti di prezzo nel 2013, soprattutto per i prodotti lattiero-caseari, uova e carne. E così, mentre i prezzi di questi alimenti continueranno ad aumentare, cereali raffinati, zuccheri aggiunti e grassi vegetali sostituiranno le opzioni più sane,  soprattutto per i poveri e subito dopo anche per la classe media.

Molto probabilmente i prodotti a base di grano subiranno aumenti significativi nel prezzo, dovuti proprio al cambiamento climatico. Su questo argomento c’è una preoccupazione legittima, cioè che gli alimenti cardine come la pasta, siano fortemente a rischio. Il grano, più del mais, del riso e della soia, sembra essere infatti particolarmente sensibile ai cambiamenti che stiamo vivendo.

Pasta a parte, i cereali rappresentano uno degli alimenti trasformati ancora accessibili, mentre la carne, le uova e i latticini iniziano ad essere irraggiungibili.

Questo fenomeno è stato notato in tutto il mondo cosiddetto “sviluppato”. La famosa dieta mediterranea per esempio, è fortemente minacciata. Considerata una delle più sane (e facile da realizzare e consumare), si basa principalmente sul consumo di pesce, verdura, frutta, cereali, olio d’oliva, e vino rosso.

Gli effetti dell’instabilità economica sull’obesità

In un articolo pubblicato sul British Medical Journal, alcuni ricercatori italiani hanno preso in esame alcuni gruppi di residenti a basso e medio reddito nel centro-sud Italia ed hanno nuovamente verificato che più basso è il reddito e minori sono le probabilità di poter consumare la loro dieta tradizionale. In altre parole, il basso reddito ha portato ad un aumento proporzionale del consumo di alimenti trasformati ad alto contenuto calorico.

Per gli italiani però, questi cambiamenti non sono ancora guidati dal clima. Per loro, le cause principali vanno ricercate nei cambiamenti culturali e nell’instabilità economica. Ma non ci vuole molta immaginazione per concludere che gli aumenti dei prezzi alimentari, potrebbero significare la fine della dieta mediterranea per le persone a basso e medio reddito in tutto il mondo sviluppato, con il conseguente aumento del tasso di obesità.

Drewnowski dice nella sua esposizione che “il potenziale impatto dei cambiamenti climatici sulla nutrizione globale trarrebbe beneficio da un’analisi più dettagliata.” Come dire che la ricerca e lo studio possono sempre trovare delle soluzioni.

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