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Cambiamenti climatici, Greenpeace: a rischio tutti gli ecosistemi

Cambiamenti climatici, a rischio tutti gli ecosistemi

Quale emergenza ambientale preoccupa di più gli italiani? Al primo posto inequivocabile la paura dei cambiamenti climatici (20,9%) e dei loro effetti più evidenti come siccità e inondazioni (17,4%), due voci che insieme riguardano quasi 4 italiani su 10, seguite dall’inquinamento dell’aria (10,8%) e dell’acqua (8,9%). È quanto si evince dall’indagine “Le emergenze ambientali e il rischio di estinzione secondo gli italiani”, effettuata da AstraRicerche per Greenpeace Italia tra il 19 e il 21 maggio 2023, su un campione di 800 italiani di età compresa tra i 15 e i 70 anni.

Dal 1971 Greenpeace difende l’ambiente da ogni genere di minaccia: inquinamento, cambiamenti climatici, sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Soprattutto, difendendo il loro habitat, difende le persone.

Nelle tante battaglie ambientali che l’associazione porta avanti, la protezione del mare e degli oceani ha avuto e avrà sempre un’attenzione specifica, essendo il mare uno degli elementi più a rischio e da cui dipende la nostra vita sul Pianeta. Nella campagna “C’è di mezzo il mare” appena partita, l’Organizzazione sottolinea come anche l’ecosistema e la biodiversità marini siano in pericolo e fa pressione sul Governo affinché venga ratificato dall’Italia il Trattato per la Protezione degli Oceani, siglato sotto l’egida delle Nazioni Unite, e venga Istituita una rete di aree marine protette nelle acque di sua giurisdizione.

Devolvere il 5×1000 a Greenpeace significa fare vela insieme all’organizzazione ambientalista per la protezione del nostro mare, elemento vitale del nostro habitat. Non è un gesto di beneficenza, ma un atto di sopravvivenza, perché l’ambiente siamo noi.

UNA SOCIETÀ “MULTI ALLARMATA” PER LE MINACCE ALLA SALUTE DELLA TERRA

Dall’indagine di AstraRicerche per Greenpeace Italia emerge il quadro di una società “multi allarmata”, dove tutte le minacce all’ecosistema e alla salute del Pianeta e dell’uomo fanno paura. Secondo lo studio, gli italiani temono anche mancanza di accesso all’acqua potabile (8,5%), impatto delle sostanze chimiche su salute e ambiente (7%), aumento della quantità di rifiuti (6,7%), agricoltura non sostenibile e allevamenti intensivi (5,3%), deforestazione (4,3%), necessità di proteggere le specie e gli ecosistemi (4,1%), erosione del suolo (2,9%).

Sebbene siano i più giovani a lanciare in modo più clamoroso l’allarme per la salute del Pianeta, la ricerca mostra che ad essere più preoccupato per la crisi climatica in atto è chi appartiene alla generazione dei baby boomer, vive nell’Italia Centro-settentrionale e in città medio-grandi. La ricerca conferma comunque anche la consapevolezza e il coinvolgimento della Gen Z: per i ragazzi nati dal 1997 in poi, le prime quattro fonti di preoccupazione (cambiamenti climatici, siccità/inondazioni, inquinamento aria e acqua) sono sostanzialmente equiparabili, collocandosi tutte in un range tra il 15% e il 13%. In questo quadro si evidenzia anche come i più giovani, rispetto alle altre generazioni, esprimano una preoccupazione più marcata per l’inquinamento di aria (13,6%) e acqua (12,6%).

SIAMO DECISAMENTE IN UN MARE DI GUAI

La protezione del mare e degli oceani è una delle priorità di Greenpeace. Il riscaldamento globale sta causando un aumento delle temperature delle acque superficiali e profonde, con gravi conseguenze sul mantenimento della loro biodiversità, particolarmente evidenti in un bacino semi chiuso come il Mediterraneo, che negli ultimi 50 anni ha perso circa il 41% dei mammiferi marini che ne facevano parte. La scorsa estate sono state registrate anomalie termiche, positive di circa 2 gradi Centigradi, sia a Portofino che sul versante settentrionale dell’Isola d’Elba, con temperature superficiali che hanno raggiunto, e in alcuni casi superato, i 27 gradi. Sono i dati allarmanti che Greenpeace Italia ha raccolto nell’ambito del progetto Mare Caldo[1], che si inserisce nella campagna globale per la protezione degli oceani.

“I nostri mari sono in pericolo. I dati raccolti evidenziano un significativo aumento delle temperature, che può ridurre la produttività del mare e avere effetti negativi sugli organismi marini dei fondali” dichiara Alessandro Giannì, Direttore delle Campagne di Greenpeace Italia.

Queste minacce possono tradursi, di fatto, in fenomeni degenerativi irreversibili per uno dei più ricchi polmoni del nostro pianeta, il Mar Mediterraneo, dimora di oltre mille specie marine diverse. Per proteggere il mare e gli animali che lo abitano è partita a inizio settimana la spedizione di Greenpeace Italia “C’è di mezzo il mare”, per documentare la biodiversità e la fragilità dell’ecosistema marino e denunciare i crescenti impatti della crisi climatica e dell’inquinamento da plastica. L’associazione ambientalista chiede, con urgenza, l’istituzione di una rete efficace di aree marine protette pari al 30% dei nostri mari entro il 2030.

NON PER BENEFICENZA MA PER SOPRAVVIVENZA, UN GESTO GRATUITO PER SALVARE IL PIANETA

Sostenere l’Organizzazione significa, infatti, intervenire in prima persona per proteggere il Pianeta in cui viviamo e in cui siamo immersi, a cominciare dal Mediterraneo che ci circonda. Una missione che necessita della collaborazione di tutti quanti. Dall’Argentario alle isole dell’arcipelago toscano, dalle isole pontine a Ischia, fino ad aree fortemente impattate dalle attività antropiche come la foce del Volturno, Greenpeace, in questo mese di navigazione, raccoglierà dati sullo stato di salute dei fondali e delle specie marine, sull’aumento delle temperature e l’accumulo di rifiuti in plastica. Alla spedizione parteciperanno ricercatori dell’Istituto per lo studio degli impatti Antropici e Sostenibilità in ambiente marino (IAS) del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma, specializzati nel monitoraggio dell’impatto di rifiuti sui fondali marini, e di Oceanomare Delphis, esperti in monitoraggio e conservazione di cetacei mediterranei.

Il 5×1000 è una quota dell’imposta IRPEF che ogni cittadino può scegliere di destinare a un ente che svolge attività di interesse sociale. Non comporta oneri aggiuntivi, dato che il contribuente che compila la dichiarazione dei redditi è in ogni caso tenuto a pagare l’IRPEF. Se non si sceglie a chi devolvere il 5×1000, esso verrà comunque trattenuto dallo Stato. Sebbene si tratti di uno strumento abbastanza diffuso, molti ancora non sanno che scegliere di devolvere il 5 per mille non comporta costi aggiuntivi.

Grazie al sostegno di questo strumento fondamentale, Greenpeace Italia potrà continuare a difendere gli oceani e le ultime foreste primarie, a contrastare la crisi climatica e a favorire una rivoluzione energetica, a creare un futuro libero da sostanze tossiche e a promuovere l’agricoltura sostenibile

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