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Big Sid Catlett e la tecnica del rullante

Il 24 marzo 1951, colpito da una sincope, muore improvvisamente a Chicago, nell’Illinois, il quarantunenne Big Sid Catlett, all’anagrafe Sidney Catlett, uno dei più grandi batteristi della storia del jazz.

La batteria, un amore a prima vista

Nato a Evansville, nell’Indiana, si avvicina alla musica studiando pianoforte. È ancora adolescente quando scopre la batteria. Se ne innamora e non la lascerà più. Nel 1930, a vent’anni, va a New York per suonare con l’orchestra di Sammy Stewart, e nei cinque anni successivi, fa parte di alcuni fra i gruppi degli strumentisti più importanti dello swing: Elmer Snowden, Benny Carter, i Mc Kinney’s Cotton Pickers e, soprattutto, Fletcher Henderson e Don Redman che gli consentono si affinare e rinnovare il suo stile. Sia Henderson che Redman sono, infatti, artefici di arrangiamenti carichi di swing, ma, nello stesso tempo, moderni per le novità di linguaggio e per i grandi solisti presenti nei loro gruppi. Quando, nel 1938, Big Sid entra nell’organico dell’orchestra di Louis Armstrong è già considerato una delle stelle più brillanti del firmamento jazzistico dell’epoca. Ci resta fino al 1943, poi, dopo una breve parentesi con Benny Goodman tenta di mettersi in proprio costituendo un gruppo a suo nome.

Pochi lanciavano i solisti come lui

In quel periodo le grandi orchestre sono ormai arrivate al capolinea. Tra i primi ad accorgersene c’è Louis Armstrong, che inventa la formula degli All Stars, una sorta di band ad assetto variabile nella quale si incontrano grandi personaggi della storia del jazz. Big Sid Catlett, con Barney Bigard, Jack Teagarden ed Earl Hines ne rappresenta uno dei quattro punti di forza. La sua morte lascerà un vuoto difficilmente colmabile, testimoniato dalla lunga serie di concerti al fianco di Armstrong. Pochi batteristi sapevano “lanciare” i solisti come lui, con una pausa impercettibile nel suo straordinario gioco di piatti e di tamburi nella quale personaggi come Teagarden e Hines trovavano l’appoggio per far volare alta la loro improvvisazione. Nei suoi relativamente pochi anni d’attività ha contribuito in modo fondamentale al passaggio dal jazz classico al jazz moderno. Pur prendendo a modello il pulsare severo e cronometrico di due grandi batteristi di New Orleans come Zutty Singleton e Baby Dodds, Big Sid ha sviluppato fin dagli esordi una tecnica personalissima che non si limitava ad “uscire” negli spazi a lui riservati, ma svolgeva un lavorio preparatorio di estrema efficacia, fondato sull’uso del rullante.

 

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