Il 17 ottobre 1923 nasce a Muskogee, in Oklahoma, il chitarrista Barney Kessel. La sua passione per la chitarra nasce quando porta ancora i calzoni corti ma in casa non ci sono soldi per cui, non avendo parenti musicisti, studia da solo dopo essersi comprato uno strumento con i soldi guadagnati vendendo i giornali.
Soprevvivere non è facile, ma lui si adatta
Cocciuto più che mai a quattordici anni è già un musicista di buon livello, tanto da essere l’unico musicista bianco in una jazz band di Muskogee formata esclusivamente da afroamericani. Nel 1939 il nome di Kessel è già così famoso nell’ambiente del jazz che Charlie Christian va ad ascoltarlo nel locale in cui suona e poi si unisce a lui per una jam session entrata nella storia del jazz. L’incontro è determinante per il giovane chitarrista che decide di dedicarsi a tempo pieno alla musica. Nel 1942 lascia anche la città natale e si trasferisce a Hollywood in cerca di fortuna pur pur non avendo alcun contratto. Sopravvivere non è facile e Barney Kessel si adatta come può. Fa il lavapiatti e dedica il tempo libero allo studio della chitarra, approfittando di ogni occasione per suonare in jam con tutti i musicisti disponibili per mettere in mostra il suo straordinario talento. Finalmente nel 1943 ottiene una scrittura dall’orchestra di Chico Marx, all’epoca diretta dal batterista Ben Pollack, con la quale resta per più di un anno.
L’unico bianco in un orchestra nera
L’anno successivo viene ingaggiato dal celebre produttore Norman Grantz che lo inserisce nel gruppo creato appositamente per il cortometraggio “Jammin’ the Blues” di Gjon Mili. Kessel è l’unico bianco di una formazione che comprende Harry Edison, Dickie Wells, Lester Young, Illinois Jacquet, Marlow Morris, John Simmons e Jo Jones. Nel 1945 suona nelle orchestre di Charlie Barnet, di Artie Shaw, di Hal McIntyre e successivamente in quelle di Benny Goodman e di Shorty Rogers. Ormai la sua notorietà è grandissima e Kessel esprime una concezione chitarristica evolutiva rispetto a tutti i predecessori, compreso Charlie Christian. Lavora poi come musicista indipendente a Los Angeles ma Granz che non lo ha perso di vista lo vuole nei Jazz At The Philharmonic per un concerto alla Carnegie Hall nel novembre 1947. Nel 1952 e 1953 suona nel trio di Oscar Peterson e nell’agosto del 1957 suona in Venezuela in occasione di un festival del jazz che lo vede impegnato con due grandi orchestre e due altri gruppi. Negli anni Sessanta torna a Los Angeles dove suona con quasi tutti i grandi personaggi che si esibiscono nei locali della città, da Kid Ory a Lionel Hampton, a Billie Holiday, a Gene Autrey, a Mahalia Jackson. Verso la fine del decennio ricomincia a viaggiare suonando ovunque lo chiamino. Muore a San Diego, il 6 maggio 2004.