Il 4 luglio 1992 a Buenos Aires, in Argentina, muore Astor Piazzolla, il musicista e compositore universalmente considerato il massimo esponente del Tango moderno. Nato l’11 marzo 1921 a Mar del Plata, all’età di tre anni con la sua famiglia si trasferisce a New York dove resterà fino al 1937.
Il tango non è una gabbia
Proprio nella Grande Mela Astor Piazzolla scopre la musica e nel 1930, a soli nove anni, inizia a studiare il bandoneòn, una piccola fisarmonica poligonale. La tecnica e la conoscenza delle potenzialità dello strumento si perfezionano poi sotto la guida del Maestro Bela Wilda, allievo di Sergej Rachmaninov. In quel periodo il giovanissimo Piazzolla sbarca il lunario adattando al bandoneòn composizioni originariamente scritte per il pianoforte. Sempre a New York incontra il leggendario Carlos Gardel il quale, intuendone il talento, nel 1934 gli regala una piccola parte nel film musicale di “El dia que me quieras” di John Reinhardt di cui è protagonista. La leggenda racconta che Piazzolla, all’epoca quattordicenne, abbia addirittura collaborato alla scrittura di alcune parti della colonna sonora ma lui stesso non ha mai confermato questa versione, pur non affrettandosi in alcun modo a smentirla. Nel 1937 torna in Argentina, a Buenos Aires, entrando a far parte come bandeonista e arrangiatore dell’Orchestra di Anibal Troilo. Il tango è già la sua vita ma non la gabbia che ne rinchiude l’ispirazione. Astor Piazzolla rifiuta la rigidità di chi vorrebbe codificarne le regole e intuisce che il tango non può essere ridotto a una lunga ripetizione di scansioni geometrico-musicali, sempre uguali a se stesse. Forse più di altri dà un senso compiuto alla definizione più famosa di questa musica data negli anni Quaranta da Enrique Santos Discépolo, figlio di un musicista napoletano direttore della banda della Polizia di Buenos Aires, per il quale «Il Tango è un pensiero triste che si balla». Nel caso di Piazzolla anche la vecchia storia della tristezza viene messa in discussione.
Un genere che mescola sapori antichi e moderni
Spirito aperto più che ribelle si abbevera a cento stili in una mescola ricca di sapori antichi e moderni al tempo stesso. Già negli anni Cinquanta con la formazione dell’Octeto Buenos Aires, comincia a dare forma a quello che con pochissima fantasia altri, non lui, definiranno il “nuovo tango”, rivoluzionario nella forma e nei colori rispetto al tradizionale tango argentino. Nel 1967, insieme al poeta Horacio Ferrer scrive “Maria de Buenos Aires”, il primo musical interamente ispirato al Tango che viene rappresentato con grande successo nei teatri di tutto il mondo. Con lui la musica da ballo argentina incontra il jazz e diventa adulta. Forma varie orchestre, tra cui il celebre Conjunto 9, collabora con jazzisti come Gerry Mulligan e Gary Burton e con un gran numero di cantanti. Alla sua fertile vena compositiva si devono due opere, un oratorio, vari brani per orchestra, molte colonne sonore e migliaia di tanghi. Come tutti i giganti ha il suo punto debole. È il cuore, che comincia a far le bizze nel 1973 l’anno del primo infarto. Le crisi cardiache vanno di pari passo con i suoi successi e più il tempo passa più si intensificano fino al 4 luglio 1992 quando l’ultima lo ferma per sempre.
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