Il viaggio nel mondo della piccola e media editoria di Daily Green fa scalo questa volta a Casale Monferrato presso Sonda edizioni con l’intervista al suo fondatore Antonio Monaco. Ne abbiamo approfittato per parlare della nascita della sua casa editrice, del suo catalogo, dell’impegno sociale e ambientale profuso nei libri di Sonda e anche per fare il punto della situazione sullo stato degli editori italiani.
Editori e futuro, Antonio Monaco (Sonda) ci dice la sua posizione
Antonio, vuoi illustrarci come e quando è nata la casa editrice e su quali idee hai iniziato a costruire il suo catalogo?
Nella seconda metà degli anni ’80 tutti gli editori della mia generazione si sentivano coinvolti in un processo di cambiamento e di partecipazione all’affermarsi di un nuovo soggetto culturale: la piccola editoria di qualità. Noi editori pensavamo che questo sarebbe avvenuto nell’arco di pochi anni, in particolare la convergenza multimediale e l’avvio della comunicazione digitale tramite Internet. Non solo, eravamo anche convinti che questa “rivoluzione” sarebbe avvenuta all’insegna di una maggiore democratizzazione delle fonti e dell’accesso culturale. Le cose non sono andate così: i tempi sono più lunghi, il rapporto tra competenze professionali e risorse finanziarie è più complesso, la presenza di aziende globali sta producendo un allargamento dei consumi accompagnato da una forte omologazione dei comportamenti. Così oggi, dopo vent’anni, noi editori ci troviamo a realizzare e-book che hanno minori prestazioni degli ipertesti che realizzavamo e pubblicavamo all’inizio degli anni ’90. Gli strumenti di base per costruire il catalogo di Sonda erano legati agli interessi personali (l’animalismo, la nonviolenza, l’educazione) e alle persone incontrate, ammirate o frequentate negli anni precedenti. Il nostro primo libro si intitolava L’editore che non c’è e raccoglieva, oltre alle nostre idee, i commenti di oltre quaranta amici che negli anni successivi hanno collaborato o pubblicato con noi. Da Sergio Quinzio a Klaus Davi, da Danilo Dolci a Norberto Bobbio, da Peter Singer a Uliano Lucas, da Nanni Salio a Massimo Buscema, da Alexander Langer a Daniele Novara. Nel corso degli anni sono cambiate le collane, gli autori e le formule e abbiamo pubblicato riviste culturali, realizzato mostre di natura sociale o didattica, organizzato fiere e portali specializzati nel campo dell’orientamento lavorativo, e per sette anni abbiamo organizzato un festival internazionale di cultura ebraica. Significativamente siamo migrati sviluppando la casa editrice per i primi cinque anni a Milano, poi per dieci anni a Torino e quindi da dodici anni siamo a Casale Monferrato. In tutti questi anni sono cambiati così il nostro staff, le competenze in campo e le passioni in gioco. Oggi siamo una casa editrice piccola, ma matura e consapevole.
A proposito del catalogo di Sonda, esso è molto ampio. Spazia dalla narrativa per ragazzi al settore della cucina passando per libri sugli animali e sull’umorismo. Una proposta editoriale molto vasta…
La forza di un catalogo dipende dal fatto che i singoli libri vivono a lungo. Così è possibile che convivano, come nel nostro caso, libri concepiti oltre 25 anni fa oppure pochi mesi orsono. Più libri riescono a superare il breve periodo di una stagione e più la presenza di una casa editrice riesce a far percepire le sue intenzioni, il suo progetto. Così se guardiamo ai diversi generi che il nostro catalogo affronta (narrativa per ragazzi, libri illustrati, guide educative, saggi filosofici, manuali pratici, libri di cucina, umorismo antropologico ecc.), si nota soprattutto la varietà.
Ciò che però unisce il nostro catalogo sono i nostri lettori. Come casa editrice abbiamo sempre puntato su un determinato tipo di pubblico; un lettore che non si accontenta delle idee dominanti sulla natura, sulla vita, sul benessere; un lettore che cerca di conciliare la tensione etica con una visione inclusiva del mondo; un lettore che cerca una coerenza in tutte le sfere delle propria esistenza. In breve un lettore responsabile. Alla luce di queste considerazioni, è possibile cogliere ciò che unisce il nostro catalogo. Il percorso che ci permette, come editori, di vedere come la nonviolenza e l’empatia verso ogni vita possono modificare i nostri modelli di comportamento, i nostri gusti e la scala dei nostri valori. Così quando diciamo di essere una casa editrice anti-specista o ecologica, non intendiamo solo che ci occupiamo di particolari temi, ma che cerchiamo di pubblicare opere che (attraverso le idee, i consigli, l’immaginazione e le storie) supportano una nuova sensibilità, morale, estetica e pratica.
Proprio sulla narrativa per ragazzi vorrei che facessimo un piccolo approfondimento. Secondo te quali sono le chiavi di lettura migliori per entrare in sintonia con le preferenze di lettura di queste fasce d’età?
È importante tener presente un aspetto: si diventa lettori di contenuti per imitazione, direi quasi per contagio, allo stesso modo in cui si trasferiscono i valori. Senza insegnanti lettori e senza genitori lettori non ci saranno bambini lettori. Ho usato l’espressione “lettori di contenuti” per distinguerla dall’analoga “lettori di testi”. Si impara a leggere testi come si apprendono tutte le tecniche, acquisendo un metodo ed esercitandosi. Così, mai come oggi, le persone scrivono e leggono molti testi: su Internet, tramite mail ed sms, nei social network. Ma noi editori sappiamo che leggere e scrivere contenuti è un’altra cosa, che richiede un diverso approccio, una diversa profondità, un diverso tempo: più lento, più profondo, più dolce, avrebbe detto Alexander Langer. Tutta l’industria che si rivolge all’infanzia tende a solleticarne le pulsioni, a inseguirne i capricci e ad assecondarne l’esigenza di rassicurazione. L’industria per l’infanzia rende i bambini consumatori e per farlo si “rimbambinisce”, come diceva con una formula efficace Danilo Dolci. Da sempre la migliore editoria per l’infanzia opera allo scopo di far uscire i bambini da sé, non limitandosi a rispondere alle loro esigenze immediate, ma facendo loro scoprire che esistono anche altri orizzonti: ampliando cioè la loro visione del mondo, mostrando come le parole possono essere “montate” in modo creativo così che sia possibile vedere cose mai viste, provare emozioni mai percepite, entrando in relazione con chi è vissuto in tempi e luoghi lontanissimi, ma che con noi condivide la stessa umanità. E riesce a far compiere questo miracolo guidando il giovane lettore a sondare la propria interiorità, le radici della propria personalità in formazione. Ora sappiamo che la lettura non è innata, bisogna piantare il seme, far nascere la pianta, per poi curarla, annaffiarla, farla diventare forte. E le letture fatte da giovani possono essere poco proficue per impazienza, distrazione, inesperienza della vita. Possono invece essere formative quando danno una forma alle esperienze umane, forniscono modelli, contenitori, termini di paragone, scale di valore, paradigmi di bellezza, che continuano a risuonare in noi anche se del libro letto da piccoli ricordiamo poco o nulla. Poi naturalmente ogni epoca ha il suo stile. Oggi la presenza sempre più invasiva delle nuove tecnologie nella vita dei bambini e dei ragazzi richiede un ripensamento della scrittura per i ragazzi come, per esempio, l’uso di espressioni gergali, la brevità dei testi, le frasi contratte. Anche i contenuti hanno subìto molti cambiamenti rispetto al passato: la letteratura contemporanea per ragazzi è “in soggettiva”, esattamente come il web con i suoi blog.
Sono ridotti al minimo l’accompagnamento e il filtro nell’osservazione del mondo. Le storie raccontano le complicazioni delle relazioni umane, che diventano un problema prima che un’avventura, in altri termini riflettono una mancanza di serenità. Persino le ambientazioni sembrano più artificiali e non è un caso: in un mondo artificiale le regole sono più identificabili e quindi illusoriamente più rassicuranti per chi la complicazione un po’ la subisce e un po’ la ricerca.
Sonda edizioni ha appena partecipato al Festival vegetariano di Gorizia del 5 e 6 luglio scorso. Non ti nascondo che è un argomento molto seguito tra i lettori di Daily Green. Vuoi parlarci un po’ più approfonditamente della scelta di essere presenti a questa ribalta culturale?
Come editori siamo presenti al Festival vegetariano fin dalla prima edizione, svoltasi cinque anni fa. Questa manifestazione è diventata negli anni la più qualificata, a livello nazionale, perché sa dosare bene la vita pratica (con l’offerta ampia di prodotti alimentari, attività per il benessere psicofisico, presenza significativa del variegato arcipelago associativo animalista) con l’approfondimento culturale. I convegni, le presentazioni, i laboratori, gli show-cooking sono molto frequentati e riescono a intercettare le novità che si succedono di anno in anno a livello nazionale e internazionale. Quest’anno in particolare abbiamo presentato in anteprima il nuovo libro di Melanie Joy, Finalmente la liberazione animale! In questo testo la Joy, che sta diventando a livello mondiale la leader di una rivoluzione del nostro rapporto con gli altri animali, formula una critica al “carnismo”, l’ideologia fondata, e qui mi richiamo al saggio più famoso di Joy, Perché amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche, sulle differenze di considerazione e trattamento delle diverse specie animali del tutto ingiustificate rispetto alla loro sensibilità e alla loro sofferenza. Al Festival vegetariano abbiamo presentato altri tre libri che rendono bene l’idea del nostro approccio all’argomento. Innanzitutto quello del giovane e promettente filosofo Leonardo Caffo, Il maiale non fa la rivoluzione, dedicato alla responsabilità umana verso una condizione di sfruttamento, come quella degli animali, che però non può contare sulla loro “rivolta” o “collaborazione”.
Poi il libro di Alessandro Pilo, La strategia del colibrì, che divulga il meglio delle idee e delle pratiche ecologiche che l’autore ha conosciuto e sperimentato nelle diverse parti del mondo, una sorta di manuale completo per un giovane eco-attivista. E infine il volume di Grazia Cacciola, Formaggi Veg, che al momento costituisce un unicum a livello mondiale. Grazia pratica da anni un modello di vita sostenibile centrato sull’autoproduzione. Da vegana ha sperimentato e realizzato, utilizzando esclusivamente latti e ingredienti vegetali, tutte le gamme di sapori, profumi, colori, consistenze e morbidezze dei formaggi: una tradizione della gastronomia italiana che viene rinnovata in questo libro applicando il meglio delle tecniche e dell’arte che ci è stata tramandata.
Attualmente sei Presidente dei Piccoli e Medi Editori nonché Vicepresidente dell’AIE. Il settore dell’editoria libraria è da alcuni anni in profonda crisi sia di idee che di vendite. Come vedi questo momento storico in Italia per l’intera filiera editoriale, quali possono essere le “ricette” per superare la crisi e come valuti l’espansione del mercato dell’editoria digitale (gli e-book, per capirci) nel nostro Paese?
Spendere aggettivi come drammatico e tragico può essere tacciato di allarmismo, ma descrive esattamente la situazione. Nella storia dell’editoria ci sono state spesso crisi, ma dal mese di settembre del 2011 a oggi è un calo continuo, che va solo aggravandosi. Negli anni scorsi ci siamo detti diverse volte che gli editori sono in crisi. Forse però ci riferivamo al fatto che l’attività editoriale è fragile, con margini economici modesti, con una domanda di innovazione molto forte, e in cui ogni buona idea ha vita breve. Oggi, invece, è necessario considerarne la gravità. Proprio al Salone Internazionale del Libro di Torino, in occasione della presentazione dei dati Nielsen, ho avuto modo di sottolineare che per tre anni di seguito il fatturato del mercato del libro è stato contrassegnato dal segno meno, e non era mai successo, con una perdita di 200 milioni nel triennio. Aggiungo un dato: i piccoli e medi editori oggi sono presenti nelle librerie di catena solo per il 4%.
È sconfortante, perché dopo la diminuzione consistente in questi anni di librerie indipendenti, ora assistiamo a costanti, ancorché modeste, chiusure editoriali, con un danno non trascurabile al pluralismo e alla bibliodiversità. Non tutti si rendono conto di cosa rappresentano i piccoli e medi editori. Nonostante le dimensioni contenute (parliamo di fatturati che vanno da 100 mila a 5 milioni di euro), i piccoli e medi editori indipendenti esercitano infatti una funzione nazionale con uno sforzo creativo incredibile, con una straordinaria performance organizzativa, e con una funzione indispensabile: permettere alle nostre menti e alle nostre coscienze di essere coccolate, risvegliate e provocate; consentire, pur tra mille errori e ripetizioni, che si compia il miracolo di un nuovo “racconto” della realtà capace di arricchire e consolare, migliorare e cambiare la vita. Oggi meno di 100 sigle editoriali assorbono l’86% del mercato editoriale, ma nel restante 14% del mercato – la quota della piccola e media editoria – è concentrata la bibliodiversità italiana. I piccoli e medi editori sono il nostro Madagascar e la nostra Amazzonia. Come con tutto ciò che è essenziale, ci accorgiamo che ci serve solo quando rischia di scomparire o, peggio, quando è già scomparso. Allo stesso tempo però, il mercato dei piccoli e medi editori non deve sembrare troppo esiguo: vale quasi 200 milioni di euro di fatturato e coinvolge oltre 6 mila lavoratori. Corrisponde a metà dell’intera industria discografica e a un terzo di quella cinematografica del nostro Paese. Certo non gode della stessa visibilità e attenzione e gli editori non hanno lo stesso appeal politico e comunicativo. Ma è un humus indispensabile che fertilizza e rende vivo tutto il “campo culturale”. Al Salone del Libro ho dichiarato che il sistema della piccola e media editoria ha ancora 20 mesi di vita, se non cambia qualcosa. Lo stress finanziario a cui è sottoposta (diminuzione delle vendite, aumento delle rese, inaccessibilità al credito) potrebbe determinare un crollo per almeno un terzo delle imprese. Non a caso, forse, proprio al Salone del Libro erano assenti ben 80 editori piccoli e medi in più rispetto allo scorso anno. Questa difficile situazione, tra resistenza e resa, richiede innanzitutto a noi editori di cercare risposte. Mentre attendiamo e ci auguriamo che il Centro per il libro e la lettura sia rafforzato, non siamo fermi. Da alcuni mesi gli editori hanno rafforzato la collaborazione con l’Associazione dei Librai (ALI) e quella dei Bibliotecari (AIB). Le soluzioni si possono trovare solo all’interno dell’ecosistema librario, lavorando in squadra. Più libri Circus, che si è svolto da poco a Gorizia, rientra in questo esempio. A partire dall’esperienza della fiera Più libri più liberi di Roma, che ogni anno richiama lettori appassionati, ci siamo inventati un modo per andare a trovare i lettori a casa loro, valorizzando anche l’editoria nella sua dimensione locale.
E poi abbiamo iniziato una riflessione per favorire tutte le possibili sinergie dei piccoli editori, oltre al rinnovamento tecnologico, alla formazione professionale e alla crescita occupazionale. Come editori, busseremo anche alla porta di chi regola i meccanismi fiscali e si occupa di sostegno allo sviluppo. I singoli editori possono ovviamente venir meno. La loro funzione, al di là del cambiamento della forma libro, proprio no. Queste considerazioni si riferiscono indistintamente all’editoria tradizionale e a quella digitale. Saranno gli editori (tradizionali e nuovi, naturalmente) a condurre la transizione al nuovo sistema culturale e comunicativo digitale. Il cammino si sta rivelando più lento e meno creativo di quanto ci aspettassimo anni fa, ma coinvolge un numero sempre più ampio di persone in tutto il mondo.