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AltaRoma, Ginevra Odescalchi al Museo Andersen

Ginevra Odescalchi

Tra gli eventi che hanno caratterizzato l’ultima edizione di AltaRoma merita, in particolare, di essere segnalata la mostra “Ginevra Odescalchi – Hendrik Christian Andersen”, promossa dal Polo Museale del Lazio diretto da Edith Gabrielli e da Altaroma, presieduta da Silvia Venturini Fendi.

Ginevra Odescalchi è nata a Roma e nella sua formazione poliedrica, dall’architettura si appassiona a come gli abiti sono costruiti, ponendosi allo studio del progetto base di quello che “si veste”. Volendo creare il proprio stile personale, viene da anni scelta per vestire alcuni dei maggiori personaggi della moda e dello spettacolo. Questa è la sua prima esposizione con una collezione dedicata.

Entrare nella mente di un’artista è entrare in un mondo proprio, con i propri movimenti, fessure, sfumature. Linee che sono solo in apparenza esterne e che solo se seguite, attraverso i piccoli indizi di simboli lasciati nella materia, rilevano il disegno dei percorsi della creazione. Il Museo Andersen è la mente di Hendrik Christian, ma se ci fermassimo solo alla monumentalità delle sue opere, non ne coglieremmo la visione e l’ossessione. L’idea di poter immaginare, mettendo se stesso al centro, la perfezione del mondo. Ginevra Odescalchi mette se stessa al centro della sua ricerca, iniziando a creare abiti e cercando la perfezione che non trovava altrove. Di qui la capacità di concentrarsi sul pezzo unico,sulla pelle altra da appoggiare sulla pelle reale per ogni persona.

L’origine di una collezione che dialoga in sei abiti, è quasi l’espansione del corpo della designer, che proietta se in un percorso più complesso. Partendo dalle icone bianche e nere del fratello artista Cristallo Odescalchi, il simbolo diventa traccia, stampa, incisione.
Il punto e lo spazio dell’abito. I materiali diversi, che rincorrono i colori del bianco e del nero rimarcano il dialogo delle sfumature della luce, in tutti i suoi passaggi bicromici di colore durante la vita e la morte del giorno.

Disposti in una danza, gli abiti saranno scoperti non fra le statue della Città di Andersen, ma nell’intimità di quella che era la sua casa, al primo piano. Modelli nuovi di una città non più di statue ma viventi, la medesima idea di libertà e di capacità di mostrare un percorso, intuibile ma da scoprire seguendo i punti. Ogni abito con un quadro di Cristallo, posto a indicare l’inizio. La relazione amorosa con Andersen viene resa palese dalle opere fotografiche di Fabio Lovino, dove Ginevra Odescalchi, i suoi abiti e le sculture di Hendrick Christian diventano un mondo senza tempo e quindi eterno. In quello che è uno dei regali che gli stranieri fanno a questa città, della quale gli abitanti sono spesso distratti camminatori, ma alla quale artisti, scienziati, visionari stranieri hanno donato tutti loro stessi, a 80 anni, da quando Andersen donò a Roma la sua casa, e quindi il suo studio, e quindi la sua vita e visione, questo piccolo museo, incastrato fra i grandi palazzi oltre Piazzale Flaminio, torna a essere scoperto, quasi come avamposto di quello che è Roma prima di entrarvi o appena dopo usciti, un connettore fra le culture e i luoghi e Ginevra Odescalchi interpreta questo confine, fatto di aperture verso l’infinito e di rigore verso il definito.

 

 

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