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Alla consegna dei Grammy non parlate di guerra!

Il 23 febbraio 2003 al Madison Square Garden di New York si svolge la cerimonia di consegna dei Grammy. Tutti i cantanti che prendono parte alla manifestazione vengono preventivamente avvertiti di non parlare di guerra.

Occupatevi solo di musica!

Il succo del consiglio rivolto agli artisti è il seguente: ciascuno deve occuparsi di quello che gli compete, i musicisti di musica, governanti e guerrieri di guerra. Questa, in sintesi, la filosofia che sembra ispirare le “discrete” pressioni sui protagonisti della cerimonia di consegna dei Grammy Awards, gli Oscar della musica perché lascino fuori dal palco le loro idee sulla guerra contro l’Iraq. Molte dichiarazioni degli artisti nei giorni successivi confermano la tesi di chi sostiene che sul palco delle premiazioni, la guerra non “è gradita”. Nell’occhio del ciclone gli artisti più schierati con il movimento pacifista. La cantautrice Sheryl Crow, per esempio, racconta che gli organizzatori dei Grammy avrebbero voluto sapere in anticipo se avrebbe indossato una maglietta pacifista, come agli ultimi American Music Awards, mentre Peter Gabriel, che durante la sua esibizione ha sfoggiato uno straccio bianco come simbolo pacifista, racconta di essere stato preventivamente avvisato di non parlare del conflitto: «Alla serata di Rock The Vote mi è stato detto che durante i Grammy sarebbe stato censurato qualsiasi riferimento alla guerra, per questo ho indossato lo straccio bianco alla consegna dei premi…».

La censura non funziona

Se censura c’è stata non ha però funzionato benissimo, visto che Fred Durst dei Limp Bizkit, durante la sua esibizione ha dichiarato: «Spero di non essere il solo a volere allontanare questa guerra il più possibile». Un po’ imbarazzate sono apparse le smentite degli organizzatori. Neil Portnow, presidente del NARAS, ha infatti replicato «Nessuno di noi ha voluto imporre il silenzio. Avevano tutti assoluta libertà di esprimere il loro pensiero. L’unico problema era semmai il tempo, misurato e limitato per ciascuna esibizione», come dire: state buoni ragazzi, non parlate di guerra oggi non c’è tempo, domani chissà…

 

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