Il 20 gennaio 1965 a Palm Springs, negli Stati Uniti, muore d’uremia, a soli quarantadue anni, disoccupato, alcolizzato e distrutto moralmente, Alan Freed, il disk jockey che ha fatto conoscere agli statunitensi e al mondo la musica nera contribuendo alla diffusione del rock and roll.
Artefice di una rivoluzione musicale
Mentre la musica nera piange la scomparsa di un amico, gli ambienti più conservatori degli Stati Uniti lo ricordano come un truffatore da quattro soldi. Non dimenticano le sue feste contro la segregazione razziale, né la carica eversiva dei suoi spettacoli e non gli perdonano di aver difeso personaggi discussi come Jerry Lee Lewis. Nel 1951, quando ancora negli Stati Uniti ci sono due classifiche di vendita diverse, una riservata al pubblico nero e l’altra a quello bianco, lui inventa un programma radiofonico intitolato “Moondog’s rock’n’roll party” che diventa un veicolo per far uscire la musica nera dal ghetto. Inizia così quella che negli anni successivi verrà chiamata la “rivoluzione del rock and roll”. Suo malgrado assurge al ruolo di protagonista con migliaia di fans club a lui intitolati.
Iniziano i guai
Bersagliato da ricorrenti campagne di stampa comincia ad avere i primi guai con la giustizia. Il 3 maggio 1958 nell’arena di Boston, di fronte a migliaia di giovani in attesa di Jerry Lee Lewis, per protestare contro l’atteggiamento intollerante della polizia prende il microfono e con calma gelida annuncia: «Ragazzi, la polizia di Boston non vuole che vi divertiate». Dopo una notte di scontri il rock and roll viene bandito a Boston, nel Maine, nel Connecticut e nel New Jersey. Da quel momento la sua vita è sottoposta a un controllo spietato da parte dell’FBI. Nel 1963 viene accusato di aver accettato denaro dalle case discografiche per spingere alcuni dischi. Quando la WABC, l’emittente radiofonica per cui lavora, gli chiede di firmare una smentita ufficiale lui rifiuta. Sostiene che sarebbe ipocrita perché tutto il sistema radiotelevisivo si regge sui contributi delle case discografiche e si dice invece disponibile a firmare una dichiarazione dalla quale risulti che non ha mai promosso un artista in cui non credesse. La WABC lo licenzia. Contro di lui si scatena una campagna implacabile accompagnata da una procedura di accertamento fiscale su tutta la sua carriera. Gli adulatori scappano spaventati e Freed resta solo. È la rovina. Nel 1978 sulle vicende della sua vita verrà realizzato il film “American hot wax” di Floyd Mutrux.