Il 12 agosto 1995 muore a Roma il cantante Achille Togliani, uno dei personaggi della canzone italiana più amati dal pubblico del dopoguerra
Protagonista delle cronache rosa
Nato il 16 gennaio 1924 a Pomponesco, in provincia di Mantova è figlio di un meccanico e appena può se ne va a Roma per cercar fortuna nel mondo del cinema. Superato brillantemente l’esame d’ammissione al Centro Sperimentale di Cinematografia partecipa ai corsi di recitazione. Nonostante l’applicazione e i buoni risultati l’incontro con Cinecittà lo delude. Nel 1944, quando sta per mollare tutto, viene scritturato da Erminio Macario per sostituire nella sua compagnia Alberto Rabagliati. I successi nel teatro di rivista gli riaprono anche le porte del cinema. Nel 1948 incontra per la prima volta il maestro Cinico Angelini che, dopo averlo ascoltato cantare, lo scrittura per una breve tournée. È l’inizio di un rapporto destinato a durare nel tempo. Negli anni Cinquanta le ragazze sono pronte a far follie per lui. Bello, elegante, con un fisico da divo del cinema, Achille Togliani non è soltanto un cantante di successo dalla voce vellutata ma uno dei personaggi più carismatici dello spettacolo italiano di quel periodo. Protagonista delle cronache rosa appassiona il pubblico interpretando fotoromanzi di successo che in quel periodo vendono centinaia di migliaia di copie. Proprio durante l’interpretazione di uno di questi racconti fotografici gli viene attribuita una relazione sentimentale con la protagonista femminile. Il suo nome d’arte è Sofia Lazzaro e di lì a qualche tempo lo cambierà in Sofia Loren. Interpellato sull’argomento anche a distanza di anni lui, da gentiluomo, non commenterà mai quelle voci.
Un innovatore
Dal punto di vista musicale il suo successo non è frutto del caso. Achille Togliani, infatti, può essere senza alcun dubbio inserito nel ristretto gruppo degli innovatori della canzone italiana. Con lui la figura del cantante melodico evolve sia dal punto di vista della gestualità sul palco che della tecnica interpretativa dal punto di vista squisitamente vocale. Uomo del suo tempo in un periodo in cui l’amplificazione della voce non è più una stranezza sperimentale, ma una pratica ormai diffusa, inizia a utilizzare il microfono come un vero e proprio strumento. A differenza degli interpreti più tradizionali che tentano di stupire il pubblico con la potenza dell’emissione la sua voce accentua le sfumature, cura i dettagli e dimostra come anche un sussurro possa essere fondamentale. Lo fa senza troppi timori reverenziali, con l’incoscienza e la voglia di avventura tipiche degli innovatori tanto che le sue riproposizioni in chiave moderna del “classici” degli anni Trenta e Quaranta restano una pietra miliare nella storia della canzone italiana.