Con l’avvicinarsi delle feste, si rinnova il grande dubbio: meglio un albero di Natale artificiale o uno naturale? Ecco i consigli del PEFC Italia per scegliere gli abeti con il minore impatto ambientale.
Un albero finto che viene riutilizzato per molti anni sembra apparentemente più “ecologico” rispetto agli abeti naturali da comprare nuovi ogni anno. In realtà questa affermazione potrebbe essere vera solo se si comparasse l’albero di plastica con uno vero ma derivante da tagli e commerci illegali. Altrimenti, la verità è ben altra.
Gli abeti finti, per essere prodotti e distribuiti emettono infatti circa 21 chilogrammi di CO2 se in Pvc e 12 chili se in polietilene. Calcolando che in Italia ne vengono acquistati ogni anno circa mezzo milione, essi sono responsabili di circa 115mila tonnellate di anidride carbonica (l’equivalente di un’auto che percorre 6 milioni di chilometri). Senza contare che, una volta gettato, impiega centinaia di anni per degradarsi.*
La soluzione a minore impatto ambientale è quindi un’altra: scegliere un albero vero ma facendo attenzione alla sua provenienza. “Il consumatore ha un ruolo cruciale per orientare il mercato verso scelte di sostenibilità” spiega Antonio Brunori, segretario generale del Pefc Italia, lo schema di certificazione per la gestione forestale sostenibile più diffuso al mondo. “È importante fare attenzione al tagliando che troviamo sull’albero: fra le informazioni riportate in etichetta deve esserci indicata la provenienza da coltivazioni specializzate, che ricordiamo garantisce un buon indotto e la valorizzazione per le zone marginali dove vengono coltivati; la nazionalità; la non destinazione per il rimboschimento, per evitare che ci sia mescolanza genetica tra le specie autoctone e quelle provenienti dall’estero; l’età dell’albero, più è giovane e più è piccolo, maggiori sono le probabilità di sopravvivere, anche per un miglior rapporto tra quantità di chioma e di radici”.
Così facendo, l’albero vero diventa molto più ecologico di quello finto. “Il Pefc Italia – spiega Brunori – consiglia di comperare un albero vero anziché di plastica perché quest’ultimo deriva dal petrolio e ha costi ambientali enormi. L’abete vero invece permette di assorbire anidride carbonica, rilasciando al contempo ossigeno ed oli essenziali che purificano e aromatizzano la stanza in cui è temporaneamente alloggiato la pianta”.
Dietro questa scelta si cela tra l’altro un aiuto per molte comunità di aree marginali montane, perché acquistando gli abeti provenienti da tali zone si valorizza l’attività vivaistica che assicura una reddito a circa mille piccole aziende agro-forestali italiane e crea un’economia integrativa a tante famiglie che vivono e lavorano nelle Alpi e lungo la dorsale appenninica. “Gli abeti di origine italiana presenti sul mercato natalizio sono per lo più Abeti rossi (Picea abies) o Abeti bianchi (Abies alba) che derivano per circa il 90% da coltivazioni specializzate, cioè da piantagioni di alberi create per questo scopo” prosegue Brunori. “C’è poi un importante numero di piante (il restante 10%) che sono vendute senza radici, cioé cimali o punte di abete: queste derivano dalla normale pratica di gestione forestale che prevede interventi colturali di “sfolli” o diradamenti, operazioni indispensabili per lo sviluppo delle foreste più pulite e più fruibili”, rende noto il Pefc Italia. “Con queste piantagioni arboree e con queste operazioni selvicolturali si contribuisce a migliorare l’assetto idrogeologico delle colline e a contrastare l’erosione e gli incendi, perché gli abeti sono generalmente coltivati soprattutto in terreni marginali altrimenti destinati all’abbandono”.
L’impegno ecologico delle famiglie italiane non deve però terminare con la scelta dell’albero giusto. Serve anche sapere cosa fare quando le feste sono passate e bisogna decidere dove portare l’albero. Si pensa di solito che destinare l’albero al rimboschimento sia sempre la soluzione migliore, per fare un gesto amico della Natura. Ma non è così: “L’abete rosso è infatti un albero spontaneo solo sull’arco alpino e in alcune ‘isole’ dell’Appennino Tosco-emiliano”, ricorda Brunori. “Piantarli in boschi dove già è presente l’abete significa creare problemi di inquinamento genetico a prescindere, soprattutto se non conosciamo l’origine delle piante. Inserire l’abete in ambienti naturali dove invece non cresce spontaneamente crea una intrusione botanica che è negativa, per il paesaggio e l’ecosistema”. Se c’è la possibilità è quindi molto meglio mettere l’albero nel nostro giardino di casa, facendo però attenzione al fatto che questa specie ha un apparato radicale molto superficiale e quindi, una volta cresciuto in altezza, potrebbe cadere danneggiando le costruzioni accanto a cui si è sviluppato. Altrimenti, l’albero va consegnato a uno dei centri di raccolta organizzati in molte città italiane. Lì verrà deciso se l’albero può essere ripiantato o se va destinato al riciclo per essere trasformato in compost da usare nelle future coltivazioni.
Il calcolo della CO2 degli alberi finti acquistati ogni anno in Italia è di Coldiretti. Il calcolo sull’impatto di ciascun albero in PVC e polietilene è invece di Lifegate.