La cocaina? Si salverà. Soppravviverà anche ai cambiamenti climatici. Ne sono convinti i ricercatori che in un articolo su The Daily Climate sostengono come la pianta di coca sia la meglio attrezzata per resistere anche ai cambiamenti climatici.
La cocaina si salverà
Così, se piante come cacao e caffè sono messe a rischio, la pianta di cocaina, se pure in presenza di un clima più arido e secco, riuscirà a resistere al clima che cambia. Proprio la cintura della coca nell’area tropicale dove la pianta è più diffusa dovrebbe vedere un aumento delle temperature di 4 gradi.
”Ma – spiega Chalres Helling, esperto del dipartimento Usa dell’Agricoltura – la coca è unica. Ha uno strato di cera molto resistente che protegge le foglie e tende a far perdere loro meno acqua”. Insomma, è una pianta resistente molto più di tutte le altre. Anzi, proprio i cambiamenti climatici potrebbero favorire lo sviluppo della produzione di questo tipo di pianta.
A rischio estinzione, invece, caffè e cacao
In Perù, per esempio, si assiste già alle conseguenze del cambiamento climatico. Le precipitazioni sono diminuite e proprio qui la coca si sta adattando riuscendo a sopravvivere con soli 500 millimetri di pioggia l’anno e a quote molto più elevate.
Non solo: ma, a quanto pare, gli agricoltori si stanno già attrezzando contro i cambiamenti climatici e hanno messo in produzione piante di coca, soprattutto in Colombia, di varietà diverse e più resistenti. Eppure, se la coca si salverà, altre piante sono destinate invece a sparire. Come è per il cacao e per il caffè.
Anche fagioli e susine non sopravviveranno
Riferisce l’Agenzia Europea per l’Ambiente che, a rischio, c’è proprio la produzione mondiale di queste piante. Proprio il caffè è stato colpito da una terribile siccità e da una infezione di funghi sia in Brasile sia in Africa. Ma non basta: perché, pure se non si dovesse assistere a questo tipo di infezioni, il solo riscaldamento globale ridurrebbe sensibilmente il rendimento di questo tipo di piante. L’innalzamento delle temperature incidrebbe, inoltre, anche sulle fioritura e la produzione di sementi delle pianti di fagioli che hanno già ridotto le proprie rese di oltre il 25%; stesso discorso vale per le piante drupacee, tra cui rientrano pesco, susino, albicocco, mandorlo e ciliegio.