La sera di venerdì 1° gennaio 1977, sul palcoscenico del teatrino che fa da sigla a Carosello, il più antico e popolare programma pubblicitario della televisione italiana, cala definitivamente il sipario.
La potenza della ripetitività
Si deve proprio a Carosello la comprensione della potenza della ripetitività di un concetto rimandato dalla televisione. Le parole della pubblicità entrarono, così, nel linguaggio di tutti i giorni. La confezione del messaggio era graziosa, gradevole, accattivante e, soprattutto, molto originale. Non a caso il programma viene citato ancora oggi come un’orgogliosa riaffermazione dell’identità e dell’autonomia culturale italiana di fronte ai modelli di pubblicità televisiva che arrivavano dagli Stati Uniti. L’evoluzione dei tempi portò la trasmissione a essere, nella seconda metà degli anni Sessanta, il bersaglio ideale per le critiche al consumismo.
Il pretesto della contestazione
Quello della contestazione è, in realtà, solo un pretesto, perché nell’ambiente pubblicitario sono in molti a considerare un “inutile spreco” la parte spettacolare che precede il breve messaggio pubblicitario. A partire dal 1975 i pubblicitari cominciarono a orientarsi verso i modelli statunitensi, pensando, quindi, a una comunicazione più diretta e più breve. Meno costosa? Forse. Difficilmente i rutilanti spot successivi non sempre belli, quasi sempre patinati, brevi come una parola, hanno, però il difetto di non lasciare che impressioni superficiali, da consumare rapidamente. In fondo, non sono destinati a durare, come successo per alcuni lungometraggi di Carosello, oltre la stessa vita del prodotto..