L’8 novembre 1987 muore il ciclista francese Jacques Anquetil. Amante dello champagne e dei piaceri della vita “Maître Jacques” è tutt’oggi considerato come il più grande cronoman della storia del ciclismo.
Un oculato amministratore delle forze
Vincitore di due Giri d’Italia, nel 1960 e nel 1964, è stato un oculato amministratore della sua forza, preferendo all’impegno assiduo, una scelta oculata delle gare che gli permettesse di potersi godere anche la vita, senza doversi sottoporre alle restrizioni che caratterizzavano l’esistenza degli atleti della sua epoca. Nato l’8 gennaio 1934 a Mont Saint-Aignan, in Francia, la sua carriera inizia quasi per caso nel 1953 quando a soli diciannove anni, cedendo alle insistenze di Charles Pélissier e Gaston Benac accetta di partecipare come “indipendente” al Gran Premio delle Nazioni di Lugano. Sui 140 km di quella che è considerata una delle più lunghe e difficili sfide a cronometro sbaraglia tutti vincendo con 6 minuti di vantaggio sul secondo arrivato, lo “specialista” Jean Brankart. L’anno dopo diventa professionista. Inizia così l’avventura di un fuoriclasse che ha vinto tanto ma non tutto e soprattutto, mai troppo. Per esempio nonostante l’indubbia superiorità nelle corse contro il tempo nel suo palmarès figurano “solo” 68 prove a cronometro perché Maître Jacques non concepiva l’impegno totalizzante e considerava ugualmente importanti gli altri aspetti della vita. Del resto se il successo non te lo godi, perché fai tanta fatica? Proprio l’oculata e intelligente gestione delle sue forze e delle sue qualità è alla base delle ventisei vittorie in gare a tappe che fanno parte del suo bottino.
Anticonvenzionale e gaudente
La sua specializzazione contro il tempo e l’intelligenza nella gestione delle forze lo hanno un po’ frenato nella ricerca delle vittorie nelle classiche d’un giorno anche se non mancano successi nella Gand – Wevelgem, nella Liegi – Bastogne – Liegi e nella Bordeaux – Parigi. Proprio il trionfo nella Bordeaux – Parigi (una gara che non si disputa più dal 1988) viene citato ancora oggi come un’anomalia nella sua carriera. Anquetil, infatti, si aggiudica la gara solo ventiquattro ore dopo aver vinto il Giro del Delfinato dall’altra parte della Francia. Mentre tutti pensano che come accaduto in analoghe situazioni la sua sia una presenza per “onor di firma” lui li beffa togliendosi il gusto di vincere. Nel 1955 decide di sfidare il mito del “campionissimo” Coppi attaccandone il record dell’ora. Fallisce il primo assalto, ma l’anno dopo centra l’obiettivo e con km 46,159 diventa il nuovo primatista dell’ora. Quando Baldini e Rivière lo superano decide di riprovarci. Ce la fa. In un’ora percorre la distanza di km 47,493, ma non ottiene l’omologazione poiché non si presenta al controllo antidoping fedele alla sua figura di “ribelle”. Tra i suoi successi non c’è il Campionato del Mondo. Il suo grande rivale in terra di Francia è stato Poulidor, il suo opposto, uno che prendeva sul serio il suo lavoro e al quale Anquetil ha inflitto talvolta spietate mortificazioni. Appesa al chiodo la bici collabora con radio, TV e giornali assumendo per breve tempo anche l’incarico di c.t. della nazionale francese ai mondiali. Un cancro chiude definitivamente la sua vita movimentata e anticonvenzionale ma non riuscirà a cancellare il segno lasciato da Maître Jacques sulla storia del ciclismo e sul costume della sua epoca.