Il 20 luglio 1968 entra nella classifica degli album più venduti negli Stati Uniti In a gadda da vida degli Iron Butterfly. Il titolo è quello del brano principale che, con i suoi diciassette minuti, occupa un intero lato del disco.
Un successo commerciale inaspettato
Il successo commerciale arriva decisamente a sorpresa per gli Iron Butterfly, formati un paio d’anni prima a San Diego dal tastierista Doug Ingle e fino a quel momento considerati una band di culto della ristretta cerchia del movimento hippie. La formazione del gruppo in quel momento comprende, oltre a Ingle, il chitarrista Erik Braunn, il bassista Lee Dorman e il batterista Ronald Bushy, anche se i cambiamenti sono all’ordine del giorno. Il brano che dà il titolo al disco è una suite psichedelica che nei diciassette minuti di svolgimento, raccoglie un numero impressionante di citazioni.
C’è anche un’anticipazione della dance
Il riff d’attacco guarda alla lezione dei Cream, ma si sviluppa lungo una sorta improvvisazione collettiva a tema guidata dalla chitarra, in cui ciascuno degli strumentisti gioca a differenziarsi dagli altri. C’è un assolo di batteria geometrico in cui qualcuno ha visto addirittura un’anticipazione delle strutture della disco dance, ci sono distorsioni blues, ma il collante di tutto finisce per essere la psichedelica e solenne esecuzione all’organo di Doug Ingle, che stranisce, stravolge, rivolta ogni variazione fino a ricondurre tutti al tema principale. Il testo suscita più di un sospetto. Per i più smaliziati In a gadda da vida non sarebbe altro che la versione indotta dagli effetti degli allucinogeni della frase «In a garden of Eden». Sollecitati a una risposta sull’argomento i musicisti tacciono. Il loro silenzio durerà anni. Il successo commerciale dell’album è straordinario: più di tre milioni di copie vendute e disco di platino. Meno bene andrà agli Iron Butterfly. Inadatti a rivestire il ruolo delle rockstar finiranno per perdersi anche se verranno considerati i più influenti precursori dell’heavy metal.