Il libro di Marco Testi rappresenta una scoperta ma anche una rivisitazione per i lettori, poiché affronta appunto i “Sentieri nascosti” della letteratura, strade non percorse da tempo ed affollate dalla vegetazione, oppure addirittura ignorate nel loro contributo alla consapevolezza, preferendo invece l’affollamento omologante e l’asfalto del consenso unidirezionale o la passività dell’ipnosi mass-mediale – (Sentieri nascosti – pubblicato con www.efilidaquilone.it il febbraio 2019).
Anche noi quindi invitiamo alla lettura di questo libro che Franco Ferrarotti, nella prefazione, definisce geniale e originale … così come l’autore ci invita a riconsiderare, con occhi nuovi, il messaggio di una piccola schiera di libri che ci propone.
Continua Ferrarotti:
- È un libro che parla di libri, ma, come dice bene l’Autore nell’avvertenza posta all’inizio, non è un libro di recensioni. (…) È un’altra cosa. Ha la virtù che hanno i buoni libri – una esigua minoranza nella sterminata produzione di molti editori, degradati ormai a meri stampatori, portati a vendere libri come se fossero carciofi o patate o altra frutta di stagione. Questo libro fa parlare i morti. Ne resuscita l’intento profondo. È una chiamata dall’oltretomba; richiama un passato ormai ritenuto lontano, che invece ha ancora cose importanti da dire nel presente o addirittura contiene i semi dell’avvenire.
C’è inoltre da sottolineare che in questa piccola schiera di libri, non compaiono solo i cosiddetti best-seller. L’autore prende in considerazione anche libri poco noti al gran pubblico, oppure parla di libri di autori divenuti noti o celebri con altri titoli. Il successo commerciale infatti, non è sempre garanzia di qualità, poiché l’informazione di solito, percorre sentieri già noti e non ne esplora di nuovi. Dobbiamo anche aggiungere che da più parti si sente nominare la crisi dell’editoria e lo stesso Ferrarotti che – oltre ad essere personalità originale, eticamente rigorosa, riesce ad essere contemporaneamente semplice e ricco di complessità – in questa prefazione lo dice, difendendo il valore del buon libro, che arricchisce e trasforma chi lo legge:
- il libro è modesto, non fa rumore. Chi scrive tace, deve osservare un silenzio monastico. Il libro non rompe questo silenzio. C’è di più. Un poeta satirico dell’Ottocento italiano, meno noto forse di quanto meriterebbe e, come sovente accade, capace di insegnamenti preziosi, Giuseppe Giusti, lo ha detto in maniera definitiva: «Il fare un libro è meno che niente, se il libro fatto non rifà la gente».
Devo aggiungere a conferma di ciò, quanto ho letto sul numero de L’Espresso del 26 febbraio 2017 (editoriale di Tommaso Cerno) della rivincita del libro cartaceo sul digitale proprio per la sua consistenza multisensoriale. Il titolo? “Carta vince” … Nella ricerca di punti significativi o nodali dell’esperienza “in sinestesia” come condizione senso/percettiva irrinunciabile, solo l’esperienza multisensoriale sembra poterci ricollegare con la realtà e la memoria e, di fatto, con la nostra mente/corpo.
Esploriamo dunque con Marco Testi questi Sentieri nascosti, solo per citare alcuni autori, esaminati in questa prospettiva originale, essendo impossibile riassumere il complesso lavoro dello scrittore, arricchito da un’immagine di Ennio Calabria, che ha concesso la riproduzione di una sua opera per la copertina – Questa lunga notte – così come la descrive l’autore – Il senso di una solitudine danzante e seducente che ci fa abbracciare il vuoto pur in presenza dell’altro, rimanda alle solitudini di chi intraprende sentieri non ancora tracciati ma di cui si avverte la necessità.
Da La pietra lunare del criptico scrittore sperimentale Tommaso Landolfi, Prufrock ed altre osservazioni di Thomas Stearns Eliot a L’uomo che fu giovedì di Gilbert Keith Chesterton, dal Deserto dei tartari di Dino Buzzati alla quotidianità onirica di Wisława Szymborska di Discorso all’ufficio oggetti smarriti, alle misteriose premonizioni di Friedrich Hölderlin di Inni e frammenti – l’autore tenta di riportare l’attenzione su autori che il mondo accademico e il pubblico, guidato dall’attualità mediatica, hanno messo da parte, come Xavier de Maistre e il suo profetico – Viaggio intorno alla mia camera, o le riflessioni di De Rougemont sul fantasma dell’eros nella letteratura e i suoi ascendenti catari in L’amore e l’occidente (non solo romanzi quindi, ma anche poesie e ricerche che hanno lasciato il segno). Ci fa incontrare un romanzo da molti ignorato come Notti a ritroso di Roger Bichelberger, che scende in profondità nelle radici dell’addio alla solita vita che qualche ora prima avrebbe fatto follie per fare, e ci ripropone anche testi che sembrerebbero per ragazzi, come Mary Poppins o Il Piccolo principe, che invece nascondono ricerche sulle origini e sul perché del dolore senza nome che ci portiamo dentro. Poi un invito ad una diversa riflessione sul Pirandello di Uno nessuno e centomila, o il Bassani del Giardino dei Finzi-Contini e sulla poesia della Szymborska o quella della Dickinson, recentemente ritradotta da Giuseppe Ierolli con correttezza filologica, ma con rispetto delle profondità che non sempre il metro o le rime sanno restituire.
Infine aggiungiamo qui un messaggio, messo in prima pagina del libro, forse per avvertire il lettore dei propri obiettivi:
- Talvolta, nel momento in cui tutto sembra perduto, giunge il messaggio che può salvarci; abbiamo bussato a tutte le porte che non portano a niente, e la sola per cui si può entrare, che avremmo cercato invano per cento anni, la urtiamo senza saperlo e si apre. Marcel Proust, Il tempo ritrovato.
Marco Testi è nato a Tivoli nel 1952 e ora vive in Sabina. È stato docente a contratto di Letteratura Italiana presso l’università di Cassino e la facoltà di Scienze della Formazione dell’Aquila. Conduce da molti anni ricerche sulla concezione di spazio nella letteratura italiana e sui rapporti tra scrittura e arti figurative tra fine Ottocento e primo Novecento.
È critico letterario per l’agenzia SIR, per la rivista “Segno”, per la rivista di letteratura e cultura internazionale “Fili d’aquilone” e fa parte del comitato scientifico della rivista “L’Albatros”. Sua è la monografia su Camillo Sbarbaro “Il poeta, il suo tempo, la città” (Fermenti 2014). Nel 2007 è uscito il volume “Altri piani, altre valli, altre montagne – La deformazione dello spazio narrato” in «Con gli occhi chiusi» di Federigo Tozzi (Pensa Multimedia), che analizza la scrittura “cubista” e visionaria di Tozzi.
Nel 2009 ha pubblicato “Tra speranza e paura: i conti con il 1789” (Giorgio Pozzi Editore). Altri suoi volumi: “Il romanzo al passato. Medioevo e invenzione in tre autori contemporanei” (Bulzoni, 1992), “Frammenti d’Occidente. La scrittura tra mito e modernità” (La voce del tempo, 2003), sul rapporto tra concetto di tradizione e letteratura moderna. In “Una città come mito” (Chicca, 2000) e nei suoi libri su Ettore Roesler Franz e i viaggiatori-artisti del Gran Tour, ha approfondito il rapporto tra simbolismo, scrittura e immagine. Ha pubblicato saggi su Michelstaedter, Pirandello, Croce critico letterario, i rapporti Campana-D’Annunzio, Caproni, il simbolismo del castello medievale nella narrativa contemporanea, Landolfi, Garrone e altre figure della letteratura italiana.