Home C'era una volta Morte a Franz, viva Oberdan!

Morte a Franz, viva Oberdan!

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Il 20 dicembre 1882 viene impiccato Guglielmo Oberdan, un giovane irredentista triestino protagonista di un fallito attentato all’imperatore Francesco Giuseppe (Franz). Dopo la sua morte nasce un canto particolare. Si intitola Inno a Oberdan e le sue strofe inneggiano alla morte dell’imperatore austriaco.

Una canzone non amata dal potere monarchico

Pur potendo rientrare tra le canzoni e gli inni patriottici non gode però di particolari simpatie da parte del potere sabaudo. Fin dai primi anni della sua diffusione viene, infatti, guardato con sospetto per il sostanziale invito al regicidio e per la violenta carica antimonarchica delle sue parole. Nella melassa artificiale di un Risorgimento tratteggiato con i pastelli così morbidi da sfumare sullo sfondo per non disturbare i Savoia non c’è posto per gli umori veri di un irredentismo che non è soltanto territoriale. Cancellato dai “Canzonieri patriottici” finisce per trovare posto in quelli repubblicani e anarchici. Molti sono i simboli che il potere costituito, così pronto a esaltare le gesta degli irredentisti quando servono alla propaganda, ritiene inaccettabili. Il primo è l’assoluta mancanza di riferimenti all’Italia unita, il secondo è l’idea della violenza regicida, patrimonio della tradizione anarco-repubblicana. In più la contrapposizione tra la monarchia austriaca e la libertà viene vista come una sorta di condanna implicita del regime monarchico. Ripudiata dalle istituzioni, la canzone diventa patrimonio popolare e, nel periodo della resistenza trova nuove ragioni per essere intonata con spirito anti-tedesco (e antinazista).

Tradito dai delatori

Ma chi era Oberdan? Guglielmo Oberdank (questo era il suo vero cognome), nasce a Trieste nel 1858. Dopo essersi diplomato nella città natale, nel 1877 se ne va a Vienna per frequentare gli studi di ingegneria. L’anno successivo dopo essere stato chiamato alle armi decide di fuggire. Raggiunge Roma dove continua gli studi universitari e, contemporaneamente, si impegna attivamente nelle campagne a sostegno dei movimenti irredentisti. Nel settembre 1882 viene annunciata la visita ufficiale dell’imperatore Francesco Giuseppe a Trieste per celebrare il quinto centenario della “dedizione” della città agli Asburgo. Oberdan decide di rientrare. Insieme all’istriano Donato Ragosa arriva a Trieste contando sulla protezione degli ambienti irredentisti e prepara un attentato all’imperatore. Il sottobosco irredentista, però, è largamente infiltrato da agenti dei servizi asburgici, collaborazionisti e delatori. Denunciato, viene catturato e trovato in possesso di due bombe. Il processo si conclude con la condanna a morte mediante impiccagione. Sua madre presenta una domanda di grazia sostenuta anche da numerosi intellettuali europei, tra i quali Victor Hugo e Giosuè Carducci, ma non cambia nulla. Il 20 dicembre 1882 dunque Oberdan viene impiccato. La campagna a favore della grazia ha allargato a dismisura la sua popolarità e proprio in questo clima nasce la canzone Inno a Oberdan.

 

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Gianni Lucini
Scrivere è il mio principale mestiere, comunicare una specializzazione acquisita sul campo. Oltre che per comunicare scrivo anche per il teatro (tanto), il cinema e la TV. È difficile raccontare un'esperienza lunga una vita. Negli anni Settanta ho vissuto la mia prima solida esperienza giornalistica nel settimanale torinese "Nuovasocietà" e alla fine di quel decennio mi sono fatto le ossa nella difficile arte di addetto stampa in un campo complesso come quello degli eventi speciali e dei tour musicali. Ho collaborato con un'infinità di riviste, alcune le ho anche dirette e altre le dirigo ancora. Ho organizzato Uffici Stampa per eventi, manifestazioni e campagne. Ho formato decine di persone oggi impegnate con successo nel settore del giornalismo e della comunicazione. Ho scritto e sceneggiato spot e videogiochi. Come responsabile di campagne di immagine e di comunicazione ho operato anche al di fuori dei confini nazionali arrivando fino in Asia e in America Latina. Dal 1999 al 2007 mi sono occupato di storia e critica musicale sul quotidiano "Liberazione".

2 COMMENTS

  1. Eh, però così potrebbe sembrare un canto unicamente anarco-socialista: dalla esecuzione sonora rimane fuori la strofa propriamente repubblicana:
    . . .
    Vogliamo scolpire una statua
    di marmo mazziniano;
    a morte l’austriaco sovrano!
    e noi vogliamo la libertà!
    . . .

    Questa dovrebbe essere la quarta (a giudicare dal ritorno della rima con “sovrano” e a giudicare dal fatto che nella seconda strofa viene usata la strana espressione “formare una lapide”, che è poco plausibile se non per la necessità di lasciare il verbo “scolpire” a disposizione della quarta) e credo faccia parte del testo originale (non ho riferimenti bibliografici, purtroppo, solo vaga tradizione orale), poi mi risulta che siano comunque esistite delle varianti, oltre al fatto che sulla medesima aria (come spesso succedeva fra Otto e Novecento) si è cantato anche dell’altro, persino su fronti contrapposti: credo proprio che con nuovi testi esista una versione fascista dei tempi della RSI e dall’altra parte una versione resistenziale.

    Bell’articolo, complimenti.

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