Il 27 novembre 1970 George Harrison pubblica All thing must pass un triplo album, prodotto dallo stesso Harrison con Phil Spector.
Il primo lavoro da solista
Se si eccettua la deludente colonna sonora del film “Wonderwall”, composta nel 1968, si tratta del primo vero lavoro da solista dell’ex Beatle. I commenti della critica sono entusiastici. «Dimenticate i Beatles, ascoltate George!» scrive Melody Maker. La foto di copertina è uno sberleffo per i suoi ex compagni. Harrison appare seduto in mezzo a un prato circondato da quattro gnomi di gesso (i Beatles?) che lo guardano. Nei primi due dei tre dischi contenuti nell’album è raccolta la produzione accumulata negli ultimi anni di contrastata vita dei Beatles. Il terzo, invece, è interamente dedicato a una narcisistica session con vari musicisti, da Eric Clapton a Dave Mason, a Ringo Starr e Jim Gordon, che la leggenda vuole si sia svolta sotto l’effetto di sostanze psicotrope varie. È una sorta di bonus di cui non si sentiva il bisogno, anche se nessuno ha il coraggio di dirlo apertamente.
Un parco delle meraviglie
Gli altri due dischi del triplo album, però, sono davvero una sorta di parco delle meraviglie, a partire dal brano d’apertura, I’d have you anytime, il cui testo è stato scritto da Bob Dylan. Canzoni dolenti e colme d’emozione come Isn’t it a pity si alternano ad altre scanzonate e ricche di allegria come Wah wah, che sempre la leggenda vuole sia stata scritta per sbeffeggiare Paul McCartney. Nell’album c’è anche la famosa My sweet Lord, che verrà pubblicata anche in singolo, conquisterà le classifiche di tutto il mondo, ma regalerà a George Harrison una condanna per plagio.