Palazzo Merulana e la Fondazione Elena e Claudio Cerasi presentano, per la 14° Giornata del Contemporaneo, “Baldo Diodato a Palazzo Merulana” (via Merulana 121 – Roma), la cura è di Michela Becchis. La serata di venerdì 12 ottobre 2018 prevede l’esecuzione di tre performance. Le opere presentate saranno in mostra dal 12 al 15 ottobre 2018. L’evento è organizzato da CoopCulture in collaborazione con Roberta Melasecca Interno 14 next.
L’artista di fama internazionale presenta alcune sue creazioni attraverso l’allestimento di grandi smerigliati nella Sala Attico di Palazzo Merulana, straordinario spazio di arte e cultura nato dalla sinergia di forze e comunione di intenti della Fondazione Elena e Claudio Cerasi e CoopCulture. La performance del 12 ottobre prevede l’istallazione, sull’area pedonale di via Merulana e prospiciente l’ingresso del Palazzo, di lastre di rame sulle quali si imprimeranno le orme dei passanti, nonché i colpi di martello dell’artista e dei partecipanti alla performance; questa realizzazione sarà accompagnata da una sonorizzazione del Maestro Antonio Caggiano coadiuvato dai giovani e talentuosi percussionisti dell’Ars Ludi Lab. Senza interruzione ed in immediata successione, nella Sala Attico sarà montata l’opera: La Cella di via Tasso, anch’essa accompagnata dall’esecuzione di un live set di Eugenio Scrivano. L’ultima performance invece si svolgerà sulla terrazza del Palazzo: un frottage di pigmenti colorati su tela “distribuiti” dai passi del pubblico e riverberati dalle risonanze del vibrafono di Antonio Caggiano e della chitarra elettrica di Sergio Sorrentino. Nell’occasione verrà presentato il brano di Gavin Bryars “Extra Time” (2018, prima romana) che l’importante compositore inglese ha dedicato al duo Caggiano/Sorrentino.
I quattro giorni di Baldo Diodato a Palazzo Merulana sono stati progettati tenendo conto del contesto territoriale, all’interno di un consolidato, stretto rapporto con la quotidianità, nonché con la Storia dentro la quale è sorto il Palazzo. La performance su strada e quella successiva sulla terrazza, vogliono rendere visibile e quindi “rinnovato” il legame tra “fuori” e “dentro”, tra il nuovo Museo e il territorio che lo ospita, raccogliendo il rumore, il ritmo e la vivacità del costante intersecarsi di passi di persone appartenenti a svariate etnie e culture, lucenti e colorate presenze che arricchiscono l’Esquilino e, con esso, anche la nuova istituzione museale.
La performance della costruzione della Cella di via Tasso è invece il rapporto con la grande Storia, ma quella più temibile, quella che più graffia la Memoria come una ferita insanabile, così come la smerigliatrice, usata nella performance, graffia il metallo. Non è un caso che proprio Palazzo Merulana sia prossimo a via Tasso, dove furono rinchiusi e torturati gli oppositori al regime totalitario negli anni terribili della Guerra e della Resistenza. Un pezzo di storia che, nella sua tragicità, a maggior ragione deve rimanere viva e prossima al nostro sentire, anche per questo Palazzo Merulana e la Fondazione Elena e Claudio Cerasi sono stati onorati dell’adesione del Museo Storico della Liberazione di via Tasso. Tutto questo conferisce all’azione artistica di Baldo Diodato un’ulteriore valenza morale e civile.
- “Baldo Diodato ha vissuto a lungo a New York e New York ha vissuto a lungo dentro Baldo Diodato. Perché, tornato in Italia dopo quel lungo soggiorno fatto di esperienza umana ed estetica, con i più grandi artisti di quel pezzo di continente frequentati come fossero conoscenti incontrati per caso in una strada rumorosa, la vita passata in quella città – e in altre grandi cities degli Stati Uniti – da un lato si decanta, si distilla, dall’altro graffia la personale ricerca dell’artista in modo indelebile. Gli Smerigliati degli anni ’90 rappresentano questo, l’elaborazione di un’esperienza artistica, vissuta intensamente con tutti i sensi e offerta allo sguardo dei suoi interlocutori. (…) Baldo Diodato negli Smerigliati, non ha mai inteso narrare quell’esperienza, quel sovraccarico di visioni, di arte, di quotidiano, di suoni, di sollecitazioni. Semmai ha risposto a tutto questo creando dei visibili contrasti estetici. In un gioco di parole, vero come tutti i giochi, egli ha riflettuto su quegli anni e si è riflesso per il tramite di quelle lastre di alluminio splendenti che hanno acquisito tridimensionalità, spazio e profondità grazie al suo intervento. In quella tridimensionalità antimimetica in modo totale ha trovato alloggio un’estemporaneità, una simultaneità che si è fatta misura del tempo, passato e a venire. Queste opere sono diventate l’affermazione perentoria della vitalità della sua arte e della sua capacità dialogica, con altre arti, altri mondi artistici, gli esseri umani tutti, con la Storia stessa. (…) Gli Smerigliati vengono prima della mappatura del mondo condensata nei Calchi di strade, piazze, scalinate, sagrati di chiese, dei punti più bassi dove si svolge la vita di ogni giorno di persone sempre più affannate, ma capaci e desiderose, grazie alla volontà di pensare collettivo di Baldo Diodato, di fermarsi per lasciare una traccia fisica del loro passaggio.” – dal testo critico di Michela Becchis.
Baldo Diodato nasce a Napoli nel 1938. Si forma all’Accademia di Torino e all’Accademia di Belle Arti di Napoli, dove studia scultura con Emilio Greco e Augusto Perez. Gli esordi sono degli anni ‘60 con sculture materiche realizzate in fil di ferro e stracci, vicine ai lavori di Giacometti, Calder e dello stesso Perez. Propone il proprio lavoro alla Modern Art Agency di Lucio Amelio nel 1966. Partecipa attivamente al dibattito culturale che prevede la scultura artistica partenopea, lasciandosi coinvolgere dai fermenti neodadaisti, espressione della rivista “Linea Sud”, fondata nel 1963 e diretta da Luigi Castellano. Con altri artisti forma “L’operativo 64”, insieme anche ad Achille Bonito Oliva come teorico del gruppo. Dal 1966 si trasferisce negli Stati Uniti, dove vive e lavora fino al 1992. Si stabilisce a New York, città che in quegli anni è piena di stimoli e la vita artistica è straordinariamente attiva: qui l’artista trova nuovi riferimenti estetici da utilizzare come punto di partenza per sperimentazioni personali. Nel 1992 torna in Italia e si trasferisce a Roma, proseguendo la sua ricerca coniugando le radici europee con la venticinquennale partecipazione alle avanguardie newyorkesi.
Dice di lui Achille Bonito Oliva: “Artista eccentrico, estraneo ad ogni definita scuola o corrente. Si muove senza rigidità tra pittura, scultura, performance”. Nelle istallazioni di grande formato e nei materiali disparati, soprattutto metalli, carta e tela, paiono cristallizzate le tracce della storia dell’uomo in impronte a bassorilievo, seguendo complessi frottage eseguiti su pavimentazioni antiche; ciottolati, lastricati, sampietrini … (ovvero blocchetti di leucitite in uso fin dall’antichità nel centro storico di Roma) cui si accompagnano le orme dei visitatori e gli interventi con materiali ricercati e preziosi. L’artista oggi vive e lavora a Roma.
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